Il programma Erasmus non corre il minimo rischio, aveva garantito lo scorso gennaio Boris Johnson appena un anno prima di firmare un epocale accordo di libero scambio con l’Unione europea che puntualmente sacrificava nel nome del nazional-sovranismo anche il medesimo programma Erasmus.

Troppo costoso l’Erasmus. Al suo posto ecco l’autarchico programma Alan Turing, dall’omonimo matematico inglese eroe di guerra postumo con annessa acclamata biopic cinematografica, dal costo ridotto di cento milioni di sterline ulteriormente intaccabili da future spending review. Dovrebbe provvedere circa 35mila studenti, universitari e non, britannici di borse per studiare temporaneamente nelle università di tutto il mondo a partire dal settembre 2021.

La ragione reale a indurre il passo indietro saranno anche i costi elevati della partecipazione Erasmus (che è aperto anche a paesi terzi extraeuropei): ma come in ogni contenzioso targato Brexit follow the ideology. E Johnson ha immancabilmente infiocchettato di retorica il regalo riciclato sotto l’albero degli studenti: «Non solo avranno l’opportunità di andare nelle università europee ma di andare nelle migliori del mondo. Perché vogliamo che i nostri giovani esperiscano l’immenso stimolo intellettuale d’Europa ma anche del mondo intero», ha detto in un sussulto di marketing globalista.

Nella contemporanea guerra culturale che vede l’avvicendarsi nel ruolo di paladini dei poveri le destre nazionaliste alle finte sinistre “cosmopolite”, gli ha fatto eco l’inspiegabile ministro della pubblica istruzione (Department of Education) Gavin Williamson (sorta di cargo traghettatosi dal governo May a quello Johnson), che ha immediatamente chiosato come del programma beneficeranno soprattutto gli studenti provenienti da background «svantaggiati».

Come del resto il deal nella sua interezza, il depennamento dell’amato programma di scambio universitario – di cui ormai abbonda la diaristica degli ex-studenti middle class di tutta Europa e grazie al quale l’Italia in particolare si è inurbata culturalmente – ha ricadute devastanti sullo stato dell’Unione, con la Scozia sempre più determinata a girare i tacchi dopo oltre tre secoli di Regno Unito. Gli studenti scozzesi erano particolarmente avidi di Erasmus in quanto unico ingrediente veramente europeo nella complessa, costruita ed eccezionalistica dieta identitaria britannica. Come i loro genitori non hanno votato per mollare l’Ue nel referendum su Brexit, loro non avrebbero per nulla al mondo mollato l’Erasmus. Nicola Sturgeon, che ha definito la decisione «vandalismo culturale», sarebbe intenzionata a chiedere al governo centrale una deroga proprio per gli studenti scozzesi.

Il programma Erasmus era entrato in vigore nel 1987. Nella sua attuale incarnazione di Erasmus+, varata nel 2014, ne hanno beneficiato oltre duecentomila studenti, 15mila dei quali britannici.