Della guerra Erasmo da Rotterdam scriveva che solo chi non sa cosa sia, chi non l’ha mai provata, può prendere in considerazione di far ricorso alla guerra e propugnarla e scatenarla. Nel 1508 Erasmo compie la prima stesura di Dulce bellum inexpertis («Chi ama la guerra, non l’ha vista in faccia»).

Per le sue amare riflessioni prende spunto da un antico adagio attestato nell’Arte della guerra da Vegezio, allorché richiama i versi di Pindaro: «La guerra è grata a chi non l’ha sperimentata, ma chi l’ha sperimentata prova un grande orrore se essa si avvicina al suo cuore».

Pindaro
«La guerra è grata a chi non l’ha sperimentata, ma chi l’ha sperimentata prova un grande orrore se essa si avvicina al suo cuore»

Trascrivo i seguenti brani di Erasmo nella scorrevole traduzione di Silvana Seidel Menchi: «Ora se nel mondo c’è una cosa che conviene affrontare con esitazione – ma che dico, che bisogna in tutti i modi evitare, scongiurare, tenere lontana – di sicuro è la guerra: non c’è iniziativa più empia e dannosa, più largamente rovinosa, più persistente e tenace, più squallida e nell’insieme più indegna di un uomo, per non dire di un cristiano. (…) A questo punto ho la sensazione di sentirsi levare contro di me le proteste di quei venturieri, che mietono il loro raccolto nelle calamità pubbliche: ‘Noi facciamo guerra controvoglia, vi siamo costretti dalle prepotenze altrui. Noi perseguiamo il nostro diritto. Tutte le sventure che la guerra porta con sé devono essere messe sul conto di coloro che, la guerra, l’hanno provocata’». E, non senza indignazione, Erasmo aggiunge: «Prego questi tali di tenersi tranquilli ancora per un po’, ché al momento opportuno confuterò i loro sofismi: lo voglio spazzar via, questo belletto, col quale inverniciano la nostra malattia».

Mi si chiede perché leggere Erasmo? Col proposito di farmi un’opinione che abbia qualche fondamento e possa dire mia, da che (e sono ormai due mesi; e senza sosta; e terribilmente) si versa sangue tra europei in Europa, cerco di alimentare le mie riflessioni appoggiandomi, con criterio e per quanto posso, alle meditazioni e ai giudizi contenuti nelle opere di quei pensatori che hanno ragionato di pace e di guerra.

Così per intendere la ‘visione’ e il modo di operare di Vladimir Putin sfoglio la corrispondenza, fra 1564 e 1579, tra il principe Andrej Kurbskij e lo zar Ivan il Terribile; scorro gli annali dell’età di Pietro il Grande (1682-1725) che ai suoi tempi, come scrisse Stalin, «compì un notevole tentativo per superare l’arretratezza» della Russia; e tengo presente l’Urss di Stalin (dal 1922 al 1953).

Guardo, insomma, agli sviluppi secolari delle forme dell’autocrazia nella storia russa.

E un medesimo contegno, nell’intento di capire, mantengo per intendere la ‘visione’ del mondo e il modo di operare di Volodymyr Zelens’skyj. Dopo averne interpretato con enorme successo di audience la parte in un serial televisivo (Sluha narodu, «Servant of the People»), viene eletto nell’aprile del 2019 presidente della Repubblica Ucraina con il 73% dei consensi.

A chi gli chiede se avverte una qualche diversità tra i ruoli, ha testualmente dichiarato: «Quale è la differenza?». Una semplice continuità, allora, tra spettacolo e istituzioni, tra la battuta da recitare e un discorso da tenersi (secondo un copione?) ai cittadini. Un convincimento che ha ribadito affermando: «Volodymyr Zelens’skyj è il progetto di Volodymyr Zelens’skyj».

Per comprendere dunque la sua formazione politica, cerco di informarmi sulla storia degli spettacoli realizzati nei teatri di posa della casa di produzione Kartal 95 Club che giovanissimo mise in piedi e sulla figura del proprietario, l’oligarca miliardario Ihor Kolomojs’kyj.

Cerco di sapere quale sia l’idea di libertà, di democrazia, di giustizia di Kolomojs’kyj, il creatore e il suggeritore delle parole libertà e democrazia e giustizia nella bocca di Zelens’skyj. L’oligarca che ha avuto un ruolo decisivo nell’omologare come partito politico l’equipe del serial televisivo da lui prodotto, e nel designare alla carica di capo dello stato l’attore protagonista, grazie ai suoi mezzi dilagante nello show system, nei social, nelle tv, nei video.

Esamino, verifico, studio. È il dovere di chi non si schiera a giustificare il sangue e si dichiara contro il proseguimento della guerra.