La «Tassonomia per la finanza sostenibile» della Ue è la classificazione delle attività economiche che secondo l’Unione possono essere definite sostenibili, cioè che possono contribuire al contrasto al cambiamento climatico. Il Regolamento con la «Tassonomia verde» è in vigore dal 13 luglio 2020, ma mancano ancora gli Atti delegati della Commissione che definiscano i criteri tecnici per attribuire il bollino di attività sostenibile. Questi atti devono arrivare entro la fine dell’anno.

La tassonomia individua sei obiettivi ambientali: mitigazione e adattamento alla crisi climatica; uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine; transizione verso l’economia circolare; prevenzione e controllo dell’inquinamento; protezione della biodiversità e degli eco-sistemi. Per essere eco-compatibile, un’attività deve contribuire a almeno uno dei sei obiettivi ambientali; non produrre impatti negativi su nessun altro obiettivo; essere svolta nel rispetto di garanzie sociali minime.

La Tassonomia è importante perché negli ultimi anni sempre più imprese e istituzioni finanziarie si sono impegnate a investire solo su attività sostenibili. In pratica, per raccogliere i soldi da un pubblico sempre più attento all’ambiente, si impegnano a non spenderli in fonti fossili e altre attività climalteranti o irrispettose dei diritti.

Nel 2020, i fondi di investimento sostenibile hanno raccolto in Europa 223 miliardi di euroi. Bruxelles dal 2018 ha cercato di definirli, per dare certezze a investitori e risparmiatori e per incentivare gli investimenti per la decarbonizzazione.

Francia, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Finlandia, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Romania chiedono alla Commissione di inserire il nucleare tra gli investimenti «verdi». Germania, Austria, Lussemburgo, Portogallo, Danimarca, Irlanda e Spagna giustamente si oppongono. L’Italia non è tra questi ultimi.