In un’epoca fatta di accelerazione tecnologica e crescente complessità, come tornare a riscrivere il potenziale di emancipazione del femminismo? E in che modo possiamo riconfigurare le politiche di genere in un mondo trasformato dalle automazioni, il transgender e la globalizzazione e rivoluzione digitale?

Helen Hester, tra le fondatrici di Laboria Cuboniks, il collettivo a cui già si deve l’acclamato «Manifesto Xeno femminista» ci fa riflettere su questi temi. Nel film «Le favolose», la regista Roberta Torre affronta il tema delle identità negate, cerca le radici del sesso e dell’amore delle interpreti trans, alcun hanno fatto la transizione, narrando la vicenda di Antonia che in punto di morte viene privata della sua identità. Le famiglie si vergognano di loro, i funerali avvengono in gran segreto e sulle lapidi viene inciso il nome che aveva prima della transizione vanificando con violenza tutto il percorso fatto. È quello che accade anche ad Antonia. Le sue amiche si riuniscono per rievocarla, nel tentativo di restituirle la sua identità negata.

Le protagoniste, stelle della sconfinata costellazione trans, intrecciano il loro vissuto raccontando storie e ricordi dei loro percorsi. Il sesso di queste persone è sporco e vietato, sono reiette che cercano di essere incluse nell’universo femminile, le madri le hanno ripudiate.

In «Monica», film del regista Andrea Pallaoro, l’attrice Transgender Tracy Lisette interpreta una donna che si riconcilia con la madre ammalata in punto di morte. Il film in concorso alla 79a Mostra del Cinema di Venezia parte da un’esperienza personale del regista Pallaoro: negli ultimi anni ha dovuto confrontarsi con la malattia della madre che lo ha portato a riflettere sul suo passato e sugli effetti psicologici dell’abbandono.

La sessualità di queste persone, appartiene al mondo femminile, sono costellazioni di genere che si sentono appartenenti al mondo femminile senza esserlo, vengono spesso «mostrificate» o vendute, la loro sensualità è per molti respingente, sopra le righe, deformata dalla chirurgia estetica e dal travestimento, ma la loro umanità è immensa e il loro esser donne è intimamente riconoscibile. Sentono e pensano come delle donne, pur avendo un’aggressività particolare che le rende molto mascoline.

È l’ora dello xenofemminismo, l’anello mancante tra il femminismo radicale degli anni Settanta e le attuali strategie emancipatorie della cultura cyborg, trans e queer. Amatelo, odiatelo, ma pensatelo assolutamente.