Europa

«È la fine del diritto di asilo, diventerà una concessione per pochi»

Salvatore Fachile (Asgi) «Pur di fermare i richiedenti asilo in un Paese terzo sicuro, l’Unione europea si prepara ad aggirare la Convenzione di Ginevra»

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 10 luglio 2018

La «rivoluzione copernicana» – se davvero di questo si tratta – è durata poco. Annunciata dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz come la novità che avrebbe modificato la gestione dei migranti e dei profughi in Europa, la proposta di vietare che le richieste di asilo vengano presentate nel territorio del vecchio continente, anticipata domenica a Vienna, sarebbe già sparita dalla bozza del documento che verrà discusso giovedì a Innsbruck al vertice dei ministri degli Interni dei 28. Al suo posto ci sarebbe la proposta di aprire in paesi terzi sicuri «centri per il rimpatrio» dove inviare chi si trova illegalmente nell’Unione europea. Ma se il divieto – biglietto da visita della neopresidenza austriaca dell’Ue – è decaduto, il solo fatto che se ne sia parlato conferma una volta in più la volontà di Bruxelles di impedire anche ai profughi, e non solo ai migranti economici, di mettere piede in Europa. Magari con qualche espediente utile a scavalcare la Convenzione di Ginevra. «Stanno tastando il terreno, ma sostanzialmente le due linee principali da seguire sono già state scelte», spiega l’avvocato Salvatore Fachile, legale dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi). «La prima è di creare una lista europea dei Paesi terzi sicuri dove poter rimandare i migranti. Paesi attraversati durante il viaggio, magari anche solo per un giorno, e nei quali chi vuole potrà fare richiesta di asilo. Candidati a essere inseriti nella lista oltre alla Turchia, già considerata Paese terzo sicuro, ci sono i Paesi del nordafrica e, in una prospettiva futura, probabilmente anche Paesi come il Niger dove non c’è una guerra in corso ed esiste una ratifica della convenzione di Ginevra. In seguito alcune di queste persone potrebbero essere reinsediate in Europa».

E la seconda linea?
E’ legata più direttamente ai resettlement, ai reinsediamenti. L’idea è di creare dei luoghi come in Niger dove bloccare le persone – anche quelle evacuate dalla Libia – nei quali far presentare le domande di asilo e solo chi riceverà risposta positiva verrà reinsediato in Europa. E queste saranno le persone che rispondono a requisiti di conformità ai valori europei, come chiede l’Austria.

Tutto questo non contrasta con la Convenzione di Ginevra?
Si tratta di un aggiramento della Convenzione. Non proprio una violazione letterale, perché il Paese terzo sicuro è già previsto nel direttiva procedure e la lista deve essere solamente ampliata. In questo modo l’Europa non deve accordare al profugo la protezione ma limitarsi a trovare un luogo sicuro dove potrà presentare la sua richiesta. Formalmente quindi non c’è nessuna violazione della Convenzione, ma nella sostanza si se ad esempio quello scelto è un Paese come l’Egitto dove il rispetto dei diritti umani esiste solo sulla carta. Tutto questo è possibile ovviamente solo sulla base di accordi bilaterali come quello siglato con la Turchia. E funziona finché parliamo di qualche decina di migliaia di persone, ma salta completamente se si tratta invece di centinaia di migliaia. Ma il numero basso di arrivi viene garantito da accordi come quello che abbiamo noi con la Guardia costiera libica.

E’ la fine del diritto di asilo?
E’ la fine del diritto di asilo. Così come i resettlement, ovvero la possibilità di bloccare il migrante prima del suo arrivo in Europa e solo in seguito decidere se accettare o meno la sua richiesta di protezione internazionale. In questo modo quello che fino a oggi è considerato un diritto, la possibilità di chiedere asilo, viene trasformato in una concessione.

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