Con questo risultato, il 79,3% di sì contro il 20,7% di no, il governo Conte entra in dirittura d’arrivo e con una marcia in più.

Il presidente incaricato scioglierà la riserva e presenterà la lista dei ministri al Capo dello Stato. Questo esito non ci è indifferente perché abbiamo sostenuto che, per il solo fatto di aver messo Salvini e i fascio-leghisti fuori gioco, la nascita dell’alleanza M5S-Pd era una svolta cruciale.

Abbiamo scritto che valeva la pena baciare il rospo per salvare la nostra fragile democrazia, la nostra Costituzione. Dunque di fronte a un nuovo governo di centrosinistra saremo felici di rimboccarci le maniche per esercitare quel diritto-dovere di critica che è il Dna di ogni giornale libero, libero come noi siamo ormai da cinquanta anni. Per la sinistra si apre un terreno fertile, una possibilità di ascolto e di battaglia più avanzata.

Ma proprio sulla democrazia è importante discutere oggi, nel giorno in cui decine di migliaia di militanti avevano un importante compito da assolvere: la possibilità, con un voto, di decidere nientedimenoché le future sorti del paese. Con un clic online dovevano approvare o bocciare la nascita di un governo M5S-Pd, una scelta politica di rilevanza nazionale.

Non deve meravigliare nessuno il rito della piattaforma Rousseau per un movimento nato in Rete.

E cresciuto con l’idea guida della democrazia diretta, innaffiato da dosi massicce di retorica dell’uomo qualunque, dal sospetto per storie politiche diverse, affetto da una persistente allergia alle competenze. Ma già questa volta le critiche di diversi parlamentari, i ripetuti rimbrotti di Grillo sul modo di porre il quesito da sottoporre al voto, la posizione della maggioranza di deputati e senatori in prima linea nel favorire un accordo di governo, fanno intravedere come anche su questo fronte in futuro le forme, cioè la sostanza, della partecipazione dovrebbero (potrebbero) cambiare.

Tuttavia, a futura memoria, va detto, innanzitutto che una legittima e auspicabile consultazione della propria base militante, su un passaggio storico fondamentale, va svolta anticipatamente, prima che i gruppi parlamentari e i dirigenti si esprimano scegliendo un percorso, una direzione. Non è successo perché il responso alla fine è stato positivo, ma diversamente un voto contrario avrebbe sconfessato tutto il gruppo dirigente.

E siccome è possibile che altri «clic» vengano richiesti, il tema resta.

In secondo luogo i militanti dovrebbero porsi il problema della possibile manipolazione del risultato: siamo sicuri che non venga alterato, in un modo o nell’altro, dai gestori della piattaforma, ovvero dalla Casaleggio Associati? Non possiamo esserne sicuri, ma vogliamo credere che in un voto così divisivo per il Movimento, i sostenitori del Sì e del No abbiano avuto modo di controllare che tutto si sia svolto in modo corretto.

La terza perplessità è invece la più importante: possono decine di migliaia di persone essere così determinanti per le sorti di un paese di 60 milioni dì abitanti e della nostra democrazia costituzionale?

E la risposta è una, netta: no, non possono ma soprattutto non devono. Anche perché si tratta , in ogni caso, di un voto che esprime soltanto una maggioranza all’interno di un risicato gruppo privato.

E qui possiamo entrare in un altro campo di riflessione sul significato di democrazia, perché è appunto un voto privato che diventa dirimente dal punto di vista pubblico.

Ma su questo come sul terreno più strettamente programmatico, per il momento, e per quanto ci riguarda, si è solo aperto il sipario.