Il fatto che non sia stato il Guardasigilli Carlo Nordio ma il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ad illustrare in conferenza stampa la nuova norma infilata nel decreto Caivano per inasprire le pene in materia di sostanze, prevedendo l’arresto anche per i ragazzi dai 14 anni in caso di reati di lieve entità, e addirittura – incredibilmente – l’allontanamento con Daspo dalle scuole e dalle università anche nel caso di semplice «uso di stupefacenti», già dice tutto sullo spessore giuridico dell’operazione. Se il ministro di Giustizia ha tentato una specie di giustificazione al provvedimento, spiegando che in ogni caso spetta al tribunale dei minori l’ultima parola sul trasferimento in carcere dell’eventuale adolescente reo, con meno titubanza è stato il titolare del Viminale a rivelare il calibro proibizionista delle nuove norme: il decreto prevede «un inasprimento sanzionatorio per lo spaccio di stupefacenti di lieve entità», ha detto, che ha «il sostanziale effetto di potenziare la facoltà di arresto in flagranza per i minori» e «di ampliare i casi di applicabilità della pena detentiva in carcere, anche per i minori e per gli adulti». Non solo. Contrariamente alla sbandierata intenzione di contrastare la dispersione scolastica, Piantedosi ha riferito che il Daspo urbano verrà esteso ai minori sopra i 14 anni e che sarà applicato anche «per l’uso di stupefacenti, con l’allontanamento dalla frequentazione di certi luoghi: sedi universitarie, scuole, locali pubblici, ampliando anche la platea dei reati per il Daspo ricomprendendo reati di semplice detenzione di sostanze stupefacenti».

INSOMMA, per l’uso o il possesso di cannabis un adolescente rischia di non poter più frequentare la scuola, mentre per lo spaccio in flagranza di reato di pochi grammi di hashish o marijuana è previsto direttamente l’arresto. Da tenere presente che i cosiddetti «fatti di lieve entità» sono sanzionati, secondo il comma 5 dell’art. 73 del T.U. 309/1990, con la reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da 1.032 euro a 10.329 euro.

E pensare che alla vigilia del Cdm l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza Carla Garlatti aveva avvisato la premier Meloni di fare attenzione «quando si parla di minorenni che commettono un reato», di non usare solo un approccio repressivo e di valorizzare invece la giustizia riparativa.

Anche perché, a voler contrastare la violenza di genere minorile – perché è di questo che si tratta, se si intende intervenire sulla spinta dei fatti di cronaca di Caivano – bisognerebbe almeno analizzare, come fa l’Eurispes nell’indagine «La criminalità: tra realtà e percezione», i dati sui reati commessi in Italia dal 2007 ad oggi. Secondo l’Istituto di studi politici economici e sociali, diversamente dalla flessione costante negli ultimi anni del totale dei delitti commessi dagli adulti, e delle relative segnalazioni, il numero dei minori denunciati e/o arrestati negli ultimi quattro anni è tendenzialmente crescente. Aumentano cioè le azioni di contrasto alla criminalità minorile, anche se la maggior parte dei detenuti negli istituti per minori sconta pene non per omicidi o per violenza sessuale ma per rapine, furti e proprio violazione delle norme sugli stupefacenti. Secondo gli ultimi dati del ministero della Giustizia, nei 17 Ipm italiani erano 436 i ragazzi reclusi al 31 agosto 2023, mentre oltre 19 mila erano in carico dai servizi sociali. Ad attendere «il mare fuori», ci sono 484 minori o giovani adulti condannati per rapina, 254 per furto, 162 per spaccio e solo 38 per tentato omicidio e 11 per violenza sessuale. Addirittura 68 per oltraggio a pubblico ufficiale.

«L’OPERAZIONE SHOW di Caivano che ha portato al sequestro di 28 grammi di cocaina è stata un fallimento, ma si continua a insistere sulla strada sbagliata», attacca il segretario di +Europa Riccardo Magi. «Con questo decreto si va addirittura a modificare il testo unico sugli stupefacenti, nonostante la legislazione penale italiana in materia di droghe sia già tra le più repressive d’Europa». Per Magi «mettere giovani, magari incensurati, e soprattutto minorenni in carcere è il vero mondo al contrario». Anche sul metodo, aggiunge, «è gravissimo che per decreto si modifichino le norme penali, alla faccia del garantismo». «Noi – conclude – su questo ci rivolgeremo direttamente al Presidente Mattarella».