Le richieste sono tante, i soldi pochi, anzi pochissimi: appena 600 milioni da aggiungere a quanto già stanziato dalla legge di bilancio. Gli emendamenti si accumulano, alla fine se ne conteranno a migliaia. Molti verranno falcidiati come inammissibili in commissione Bilancio del Senato, il cui ufficio di presidenza coincide quest’anno con i relatori in base all’accordo trovato per risolvere il braccio di ferro con i 5S. Altri sono stati presentati solo per fare numero. Ma anche ridotti al nucleo duro, quelli che i capipartito hanno iniziato ieri a squadernare sulla scrivania di Draghi, il conto è sideralmente lontano dalla cifretta a disposizione. I no fioccheranno e l’incidente è dietro ogni angolo. Letta insiste con la proposta di un tavolo della maggioranza, ormai di fatto derubricata a consueto vertice dei capigruppo. Salvini ci sta, Fi no: «Sorry, siete fuori tempo massimo». Più che la lancette, sull’atteggiamento degli azzurri incide l’ira funesta di chi è rimasto tagliato fuori dal novero dei relatori. Per questo Fi insiste nel disertare le sedute della commissione, che , anche se il limite per la presentazione degli emendamenti è scaduto ieri pomeriggio, non entreranno nel vivo prima di giovedì, quando Draghi avrà esaurito l’agenda degli incontri con i partiti di maggioranza.

Ad aprire le danze, ieri, è stato il M5S, con i capigruppo Crippa e Castellone c’era il capodelegazione al governo Patuanelli e il cavallo di battaglia è l’ecobonus: via il tetto dei 25mila euro Isee per le abitazioni monofamiliari, ma anche allentamento dei filtri contro le truffe, che i 5S temono possano depotenziare troppo la misura. Non è una richiesta solitaria, per la verità anzi la condivide l’intera maggioranza e LeU chiede anche la proroga sino al 2025.

Oggi sarà il turno di Lega, Pd e Fi. Gli azzurri hanno già fatto sapere che chiederanno di aggiungere 2 miliardi agli 8 già stanziati per la riforma fiscale. Da non sottrarre al Reddito di cittadinanza, che per i 5S non va scalfito oltre nemmeno di un graffo. Il Cavaliere è in campagna elettorale per il Colle e non è il caso di fare sgarbi a chi vanta più voti di tutti. Il Pd, fedele alla strategia consistente nel disturbare il manovratore il meno possibile, chiederà soprattutto di intervenire contro il caro bollette. Lì però è la Lega a rilanciare più di tutti, con la richiesta di blocco degli aumenti con uno stanziamento di 3 miliardi, uno in più di quanto chiesto ieri dai 5S. Non che la Lega si fermi qui. Il pacchetto vale quasi un’altra manovra, con l’estensione della Flat tax fino al reddito di 100mila euro, con aliquota del 20%, e la richiesta di abbattimento dell’Iva sui generi di prima necessità per un costo, in tre anni, di quasi 4 miliardi.

Questi sono solo i vessilli principali, le richieste non si fermano certo qui e Draghi dovrà decidere se concedere qualcosa o tenere duro sul tetto di 600 milioni che equivale a respingere ogni richiesta di modifica. A complicare le cose c’è l’intreccio tra la partita sulla manovra e quella sul Colle. Negli ultimi giorni praticamente l’intera maggioranza, incluso ieri Salvini, ha chiesto a Draghi di restare alla guida del governo sino al 2023, cioè di fatto a rinunciare al Colle. Ma nonostante la coralità dell’appena mascherato invito a non traslocare è lecito dubitare, se non della sincerità, almeno della determinazione nell’evitare l’elezione di Draghi a capo dello Stato.
Berlusconi, che alla presidenza punta davvero anche se pochi ci credono, lo vuole con piena convinzione. Letta, Salvini e Conte, invece, stanno ancora facendo i loro conti per capire se e quanto convenga a ciascuno di loro rinviare le elezioni al 2023, quando tutto potrebbe essere più infausto, ma anche per verificare la tenuta di truppe parlamentari mai nella storia così fuori di controllo. Perché una cosa è chiara a tutti: se Draghi fosse in campo ma venisse poi affossato dai franchi tiratori, per le ragioni più disparate e prima fra tutte proprio la paura del voto anticipato, il disastro sarebbe di portata nucleare. L’iter della legge di bilancio servirà a tutti per capire quello che oggi è per tutti confuso: come converrà muoversi tra appena un mese e mezzo.