«È il diluvio universale: stiamo affrontando un disastro di proporzioni bibliche». Al telefono Katerina Papadopoulos, residente di un villaggio di mille persone alle porte della città di Trikala, lascia trapelare tutto lo sgomento di fronte alla devastazione portata dalla tempesta che da martedì scorso ha paralizzato la regione.

Sono bastati tre giorni per trasformare la pianura della Tessaglia, la seconda più vasta della Grecia, in un enorme lago. Sotto la pioggia battente, le strade si sono trasformate in torrenti in piena e di molte case è rimasto visibile solo il tetto, ultimo riparo per gli abitanti accerchiati da un muro d’acqua alto fino a due metri. «Abbiamo aspettato ore senza cibo né luce, finché dei volontari a bordo di un gommone sono riusciti a metterci in salvo», racconta.

Il bilancio accertato delle vittime, ieri sera, era di dieci persone, ma si teme che il numero sia destinato ad aumentare con il passare delle ore. Le vittime sono soprattutto persone anziane, travolte dai fiumi dei detriti mentre si trovano per strada, o cercavano di mettersi in salvo nelle loro case. I dispersi sarebbero almeno quattro, ma nelle concitate ore dei soccorsi le autorità fanno fatica a trasmettere numeri precisi.

LA VIOLENZA dell’acqua ha messo in difficoltà anche l’esercito: le unità delle forze speciali non sono riuscite a farsi strada tra il fango per raggiungere i centri più isolati. Per salvare i residenti di Vlochos, piccolo villaggio nei pressi di Karditsa, è stato necessario l’intervento degli elicotteri. Finora, i pompieri hanno tratto in salvo quasi duemila persone intrappolate dall’acqua.

«Tutti gli abitanti sono in fila fuori dal comune per ottenere delle bottiglie d’acqua: siamo senza elettricità e la città che conoscevamo non esiste più», racconta al telefono Giorgos Papachristos, da Volos, città portuale di 80mila abitanti, rimasta senza approvvigionamento idrico per quattro giorni consecutivi.

Considerata il granaio della Grecia, la Tessaglia copre da sola circa il 20% della produzione agricola annuale del paese. Nel reticolo dei suoi piccoli centri abitati, con le case a un piano dai tetti di tegola rossi, si vedono spesso più trattori che macchine. Nei campi intrappolati da giorni sotto al fango si coltivava grano, ma anche cotone e legumi.

«Stiamo fronteggiando condizioni meteo straordinarie», hanno ripetuto più volte le autorità greche: alcune zone hanno ricevuto, nell’arco di sole 12 ore, il doppio delle precipitazioni medie annuali registrate ad Atene.

Ma a fare acqua è soprattutto l’annunciato piano di riorganizzazione della Protezione civile del paese. Pochi giorni dopo lo spegnimento dell’ultimo devastante incendio, nell’unità periferica dell’Evros – dove è andata in fumo un’area più grande di quella della città di New York – la Grecia si ritrova travolta da un altro disastro ambientale. I segnali di allarme, ovviamente, c’erano tutti.

«La Commissione europea ha riscontrato dal 2022 che la Grecia non ha aggiornato le mappe del rischio di alluvione, come era obbligata a fare», ha ricordato in un’interrogazione l’eurodeputato di Syriza, Petros Kokkalis. Non si tratta di una procedura formale: le mappe costituiscono la base per la preparazione dei piani di gestione dell’emergenza quando avvengono le alluvioni. Se lo avesse fatto, «avrebbe ridotto in modo significativo il loro impatto».

Theodota Nantsos, responsabile delle politiche ambientali di Wwf Grecia, rincara la dose su Facebook: «Sapevamo che c’era un rischio, in posti come Volos, soprattutto in caso di precipitazioni estreme. È l’occasione per ricordare che la Grecia ha violato in maniera sistematica il prezioso diritto ambientale dell’Ue: il paese ha ancora molta, molta strada da fare». Di fronte al disastro, Syriza ha rimandato le elezioni per eleggere il nuovo presidente del partito. Il voto non si terrà più questa domenica, ma il 17 settembre. Se necessario, il ballottaggio avverrà domenica 24.

Anche il premier Kyriakos Mitsotakis ha rinviato la conferenza stampa prevista nel fine settimana, all’87esima Fiera internazionale di Salonicco, dove avrebbe dovuto presentare il piano quadriennale del governo, e ha visitato ieri i luoghi devastati dalle alluvioni.

DA KARDITSA ha promesso di «fare ciò che è necessario: mobiliteremo anche tutte le risorse europee disponibili, per coprire le esigenze di risarcimento delle famiglie». Una toppa, necessaria al territorio, che mostra tutti i limiti di una misura emergenziale, di fronte a un problema ormai cronico.

Il grande assente, in un’estate costellata dai disastri ambientali, è una visione politica di lungo corso: lo dimostrano i 150mila ettari di terra bruciata negli ultimi tre mesi, lo hanno denunciato le proteste dei residenti nelle isole, stanchi di un’industria del turismo libera di cementificare senza controllo il paesaggio della Grecia.

Non è un caso che in un paese abituato a dare per scontate le bellezze del proprio territorio il partito verde rimanga inesistente e le politiche ambientali siano quasi del tutto assenti dal dibattito politico. «Non credo che ci siamo ancora resi conto della portata di questo disastro», ha detto il professore Efthymios Lekkas, esperto di gestione dei disastri, all’emittente Mega. «Le piogge torrenziali hanno lasciato più di un metro di limo sui campi: ci vorranno almeno cinque anni per renderli di nuovo fertili».