Il ministero della Salute e quello della Famiglia vogliono rivedere le linee guida sul trattamento della disforia di genere nei minori. Per questo daranno vita a un tavolo di tecnici e di esperti «finalizzato all’elaborazione di nuove specifiche linee di indirizzo» come si legge in una nota congiunta. L’obiettivo nemmeno è restringere l’uso dei farmaci che bloccano la pubertà come la triptorelina, previsto come ultima istanza dalle attuali linee guida stilate nel 2019 dall’Agenzia Italiana del Farmaco e approvate dal comitato di bioetica – all’epoca il parere fu co-redatto dalla bioeticista cattolica Laura Palazzani. Nonostante la cautela, al governo si punta a un’ulteriore limitazione delle opzioni terapeutiche a disposizione degli adolescenti «alla luce di una ricognizione della letteratura scientifica e delle esperienze di altri Paesi che, dopo aver promosso una pratica estensiva di questi farmaci, stanno rivedendo le proprie posizioni».

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Nei Paesi a cui fanno riferimento i ministri Orazio Schillaci e Eugenia Roccella però l’uso dei farmaci è stato assai meno regolamentato che in Italia. Da noi le linee guida prevedono il ricorso ai farmaci ormonali solo dopo il fallimento del ricorso alla psicoterapia e in presenza di rischi di autolesionismo legati alla disforia. «A molti purtroppo sfugge la natura assolutamente transitoria e largamente reversibile del trattamento con GnRHa (il nome scientifico dell’ormone, ndr), il cui obiettivo non è la castrazione chimica o influenzare le scelte dei giovanissimi o delle famiglie ma, al contrario, dar loro tempo per poter effettuare scelte più mature e ponderate», avevano scritto dodici società scientifiche in una lettera congiunta a fine gennaio. Non è chiaro se le stesse società scientifiche saranno invitate al tavolo tecnico, «la cui composizione – fa sapere il ministero – verrà completata nei prossimi giorni».

Ma è evidente a tutti che il dibattito non è solo medico-scientifico. Il clima si è infuocato soprattutto dopo le accuse di Maurizio Gasparri, che durante un’interrogazione parlamentare dello scorso dicembre ha accusato i medici dell’ospedale fiorentino di Careggi di somministrare il farmaco senza la psicoterapia prevista dal protocollo. Dopo l’intervento di Gasparri, a gennaio Schillaci ha inviato gli ispettori a Firenze per verificare le accuse. La relazione era attesa entro quindici giorni ma da allora non se ne è saputo nulla. «Al ministro non è arrivata», spiega al manifesto una portavoce del ministero della Salute, secondo cui «l’iniziativa del tavolo tecnico è precedente alle polemiche innescate da Gasparri». In assenza di irregolarità accertate al Careggi la revisione delle linee di indirizzo per via politica – sottraendo il tema alla comunità scientifica – si giustifica solo con motivazioni ideologiche. E infatti il tavolo di Schillaci e Roccella ottiene il plauso dei gruppi integralisti come l’associazione anti-abortista Pro Vita & Famiglia, che per voce del presidente Antonio Brandi ha espresso «grande soddisfazione per la decisione del governo».