Non cercate il facile sensazionalismo nel libro di cui parleremo, quello usurato nella ripetizione coatta delle medesime immagini caricate di iperviolenza, impugnato da chi ora, vent’anni dopo, dice che fu tutto un’errore, da un parte e dall’altra. Le cose non stanno così. Non paga mai, storicamente, la logica degli «opposti estremismi».

A GENOVA NON CI FU un’equivalente «messa a ferra e fuoco della città» da parte di maree di migliaia di estremisti armati in orde predatorie, e l’inconsulta reazione di qualche centinaio di «mele marce» tra le forze dell’ordine che avevano il dovere di difendere tutti, e massacrarono invece i più deboli, lasciando un corpo senza vita sul selciato, torturando migliaia di reclusi senza motivo. Festeggiando il tutto con osceni cori fascisti chiaramente ascoltati dagli abitanti del quartiere della Foce. E da chi passò per le carceri.

Ci vuole pacatezza e quello stesso buonsenso spesso invocato dalle destre, per mettere assieme un libro senza acredine ma tutto fatti, cronaca e immagini vere come Una famiglia al G8 / Diario, foto, documenti, – Genova, 17 – 22 luglio 2001, appena edito dall’Associazione per un Archivio dei Movimenti con sede a Genova (pp. 200, euro 20). La pacatezza mite di chi c’era, quattro persone, padre, madre e due figli, tanti amici in giro per le «piazze tematiche» di discussione del G8 svanite nelle cariche, nei pestaggi, nel sangue, nelle nubi asfissianti di lacrimogeni proibiti al CS.

ADRIANO SILINGARDI è un fotografo sociale genovese, classe 1951. Ha sempre fotografato i movimenti sociali, ma anche prodotto straordinari documenti sulla storia della fotografia antica mediterranea. Al tempo del G8 è un pacato signore cinquantenne del centro storico che assiste allibito all’asfittica blindatura della città con grate e saldature dei tombini. Decide che no, non può succedere nulla di grave nella città che seppe negare con Pertini il congresso ai neofascisti dell’Msi nel ’60.

CON LA MOGLIE Alessandra e i due figli sceglie di partecipare alle manifestazioni e alle «piazze tematiche», il vero contro-G8 dei potenti blindati. Macchina fotografica al collo. Per un giorno va quasi tutto bene. Ma poi è con la moglie in uno degli spazi di discussione, Piazza Alessi, quando, incredulo, si trova a fotografare l’assalto a manganellate a freddo della piazza pacifista, bersaglio preferito dei manganelli della polizia gli avvocati del Genoa Social Forum, riconoscibili per le magliette gialle.

C’è una foto in cui è Luciana, sua moglie, che cerca di dissuadere i poliziotti dalla bastonatura di vittime inermi a terra. Foto che sono finite in un processo. Lì è iniziata la follia. E il panico per cercare di tenersi in contatto con i figli, dispersi dove i poliziotti robocop stanno attaccando con violenza ferina il corteo in Piazza Alimonda. Scatta il tentativo di autodifesa. Riconosciuto anche in sede giudiziaria. Scattano in città le «misteriose» incursioni dei black bloc. Sul selciato rimane Carlo Giuliani, che ha raccattato un estintore dopo aver visto un carabiniere con la pistola puntata verso un altro ragazzo.

DA QUELLE GIORNATE è nato un diario che riesce a essere assieme febbrile e pacato nei toni, come furono quei momenti per chi, allibito, c’era. Come chi scrive queste note, che ha condiviso molti di quei momenti. Un libro che non urla. Testimonia. Mostra. Spiega. I fatti, non la retorica, destinata sempre a rinascere con rinnovato apporto di falsità.