il manifesto del 6 marzo 1990

Frastornati dai rumori di guerra tra le megafamiglie editoriali e dalle vicende che travagliano i grossi partiti, stiamo un po’ tutti sottovalutando la sospensione delle trasmissioni di Radio radicale.

Si tratta di un fatto grave, che investe sia la politica che l’informazione e che ci coinvolge come utenti, come cittadini, come giornalisti, come manifesto. Ce ne accorgeremo già domani, quando non potremo seguire la diretta del congresso comunista.

Sono in molti, da vari anni ormai e in tutta Italia, a usare quella radio. In casa, in automobile, durante il lavoro (o per lavoro), nelle pause, in occasione di forzate immobilità per malattia o per altro, milioni di persone hanno potuto seguire sedute parlamentari, convegni, congressi di partito, processi, dibatliti. Davvero un servizio pubblico, gratuito, di straordinaria utilità.

Ora Radio radicale è in grosse difficoltà economiche. Ha attinto per anni al finanziamento pubblico del partito radicale. Tre anni fa chiese allo stato il riconoscimento del servizio svolto e dell’immenso patrimonio accumulato in registrazioni e propose la stipula di convenzioni con gli enti pubblici interessati alla pubblicizzazione dei loro lavori. Non ottenne nulla e accettò, per sopravvivere, di essere riconosciuta come organo del Pr, potendo così accedere ai finanziamenti già concessi ai giornali organi dei partiti.

Ora il partito radicale non è più in grado di dissanguarsi per sostenere la radio. Ma, soprattutto, non intendendo il Pr più presentarsi alle elezioni in quanto tale, non potrà in futuro far passare l’emittente come proprio organo da finanziare.

Tutti i rubinetti, dunque, si chiuderanno da qui a poco. E una radio, a differenza di un giornale che si offre ogni mattina in vendita ai propri lettori, non può chiedere un balzello ai propri utenti. A questo punto la questione è di tutti noi, non solo dei radicali. Il parlamento deve trasferire in un provvedimento legislativo e in opportunità di contratti quel che è l’opinione non manifesta della stragrande maggioranza dei suoi membri; che questa radio è utile, per molti versi insostituibile, che è da preservare, da aiutare.

Gli ascoltatori possono e debbono intervenire perché a questo provvedimento si giunga in tempi brevi.

Noi, del manifesto, abbiamo più di un motivo per aggiungere una nostra specifica solidarietà.

Radio radicale e il nostro giornale rappresentano due esperienze politiche e informative originali, dissonanti rispetto al coro dominante.

La fine di Radio radicale, proprio nel momento in cui il panorama informativo italiano sta ulteriormente degenerando, suonerebbe come un campanello d’allarme anche per noi; di solitaria libertà si può anche morire.

Quei compagni e colleghi ci ritengano al loro fianco. Ai nostri lettori, un invito a contribuire ad assicurare un futuro solido a Radio radicale.