Segretario Di Silverio, diverse analisi ci mostrano che la sanità è già diseguale. Cosa è rimasto da regionalizzare?

L’articolo 116 permette un’ulteriore devoluzione di funzioni alle regioni. Ad esempio, oggi in ambito sanitario non sono ancora regionalizzate la definizione dell’organizzazione del servizio, i livelli essenziali di assistenza e la contrattazione. Con la nuova legge sull’autonomia differenziata queste funzioni potranno essere definite a livello regionale.

Quali saranno le conseguenze per i cittadini?

Con l’autonomia differenziata la Lombardia potrebbe stabilire che le ecografie in gravidanza non rientrano tra le prestazioni essenziali da garantire gratuitamente, il Veneto potrebbe decidere altrettanto per un’altra prestazione e così via. L’Italia potrebbe frammentarsi in 21 piccoli stati, ancora più di quanto avvenga oggi. Le disuguaglianze si allargheranno ulteriormente. Le regioni del sud partono in svantaggio non tanto per una minore qualità politica e amministrativa, ma soprattutto per un livello di reddito nettamente inferiore che si traduce in minore gettito fiscale. Senza una redistribuzione delle risorse a livello nazionale, queste regioni saranno costrette a aumentare le accise o a ridurre le prestazioni.

Le disuguaglianze però sono già molto rilevanti tra una regione e l’altra.

Migliaia di assistiti devono trasferirsi da una regione all’altra per curarsi, e questo comporta spostamenti di risorse a favore delle regioni che curano i cittadini che arrivano da fuori. Domani questo meccanismo potrebbe acuirsi ulteriormente. Una regione potrebbe decidere che i cittadini di altre regioni pagano un ticket diverso, oppure porre un tetto al numero di prestazioni messe a disposizione degli assistiti extra-regione. Il costo della mobilità regionale verrebbe scaricato dalle istituzioni ai singoli pazienti e ne farebbero le spese i cittadini più fragili delle regioni più povere. Ma non migreranno solo gli assistiti.

In che senso?

Alla mobilità si aggiungerà quella professionale. Le Regioni autonome potranno proporre una contrattazione differenziata da quella nazionale offrendo condizioni salariali migliori rispetto alle altre. Le regioni del sud si troverebbero doppiamente svantaggiate, perché aumenterà il numero di medici e infermieri che sceglierà di muoversi altrove mentre le aree più povere non avranno la possibilità di offrire condizioni competitive.

Non bastano i Livelli essenziali di assistenza (Lea) per conservare l’equità del servizio a livello nazionale?

I Lea verranno inglobati all’interno dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali (Leps). Ma il raggiungimento dei Leps richiede che nelle regioni più arretrate vengano inviate più risorse per compensare le disuguaglianze che si verranno a creare. Invece il testo approvato fa riferimento ai fabbisogni standard stabiliti sulla base della spesa storica: in breve, le risorse a disposizione saranno le stesse di prima, e così le disuguaglianze aumenteranno.

È quello a cui assistiamo già con i Lea attuali, che non garantiscono la riduzione delle disuguaglianze.

Non funzionano per lo stesso motivo: per garantire i Lea occorrono risorse che non vengono stanziate. Abbiamo chiesto da anni l’attuazione del fondo perequativo previsto sin dal 2013 per riequilibrare la ripartizione del Fondo sanitario nazionale (l’insieme delle risorse che il governo assegna ogni anno alle regioni per i servizi sanitari, ndr) in modo da tenere conto dell’indice di deprivazione sociale delle regioni. Ma questo meccanismo è stato applicato solo dal 2022, e solo per lo 0,75% del totale. Bisogna far capire che in campo sanitario l’equità è un presupposto dell’efficacia e non l’inverso come spesso si crede. Per ora i cittadini non si sono resi conto del fatto che sta saltando lo stato sociale. Quando se ne accorgeranno ci sarà una rivolta sociale.

Proverete a ostacolare la riforma?

Stiamo valutando la possibilità di un referendum abrogativo, e di un ricorso alla Corte europea per la violazione dell’articolo 32 della Costituzione, che garantisce la tutela della salute «come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti». Ma spero che si facciano sentire anche le Regioni.