Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio si è recato ieri in visita ufficiale a Tunisi per incontrare il suo omologo Othman Jerandi, il presidente della Repubblica Kais Saied e la prima ministra Najla Bouden Romdhane.
Un incontro lampo che lascia dietro di sé importanti riscontri e riconoscimenti. Si tratta del primo viaggio diplomatico italiano dopo il colpo di forza del 25 luglio scorso con cui Saied ha congelato il parlamento, sciolto il governo e dettato la nuova agenda istituzionale al paese che sfocerà in elezioni anticipate il 17 dicembre 2022.

«GLI INCONTRI avuti oggi con il presidente della Repubblica tunisina e con il ministro degli Esteri si sono rivelati molto proficui perché hanno permesso di portare avanti e consolidare un dialogo mai interrotto con un paese che per l’Italia è strategico, oltre che tradizionalmente amico», sono state le parole di Di Maio a margine. Il titolare della Farnesina ha poi proseguito: «Ai miei interlocutori ho confermato che l’Italia guarda con interesse all’avvio di un percorso di riforme e scadenze politiche e costituzionali che dovrebbe auspicabilmente culminare in nuove elezioni legislative».
Un interesse a cui è seguito l’invito a rendere questo percorso istituzionale il più partecipato e trasparente possibile. Al momento non è così: Kais Saied ha fissato le scadenze per delle consultazioni popolari; un nuovo referendum costituzionale previsto per il 25 luglio 2022 e nuove elezioni che si terranno con un parlamento ancora sospeso. A oggi non si sa quale forma prenderà la nuova costituzione, destinata a cambiare radicalmente rispetto al 2014, e soprattutto con quale legge elettorale andranno a votare i tunisini.

SUL TAVOLO Tunisi-Roma ci sono stati altri due dossier di estrema importanza. Il primo riguarda la questione dei 212 container di rifiuti partiti dalla regione Campania e bloccati nel porto di Sousse, nel sud del paese, dopo i diversi illeciti rilevati dalla giustizia tunisina e italiana. Il consiglio di Stato ne ha predisposto il rimpatrio.
Il secondo dossier è quello migratorio. A Natale è rientrato in Tunisia il corpo di Wissem Abdel Latif, il 26enne originario di Kebili morto nel reparto psichiatrico dell’ospedale San Camillo di Roma il 28 novembre scorso in circostanze ancora da chiarire. La famiglia ha tenuto una conferenza stampa alla sede del sindacato nazionale dei giornalisti nel centro di Tunisi, in concomitanza con la presenza di Di Maio a Tunisi. «La visita ufficiale del ministro italiano dovrebbe essere l’occasione per impegnarsi concretamente nel raggiungere la verità sulla morte di Wissem e unirsi alla famiglia per seguire il caso nelle sedi giuridiche competenti», sono le parole che arrivano dal comunicato congiunto da parte del Forum tunisien pour les droits économiques et sociaux (Ftdes), Avocats sans frontières (Asf), Mèdecins du monde (Mdm), la Lega tunisina per la difesa dei diritti umani (Ltdh) e l’Associazione tunisina per la difesa delle libertà individuali (Adli). A un mese dalla morte di Abdel Latif, i famigliari non hanno mai ricevuto una chiamata ufficiale dalle autorità italiane.

POCHI GIORNI dopo la morte di Wissem, è emerso anche il caso di Ezzedine Anani, 44 anni, suicidatosi nel Cpr di Gradisca d’Isonzo.
Al di là di qualsiasi rapporto politico ed economico (Roma è il secondo partner commerciale di Tunisi), la questione migratoria rimane al centro dei rapporti tra i due Stati. Nel solo 2021 ci sono state 22mila intercettazioni in mare e 14mila tunisini sono arrivati a Lampedusa. La visita di ieri è stata funzionale a una collaborazione stretta tra le due sponde del Mediterraneo sulla scia dell’accordo da 8 milioni di euro già stretto nell’agosto 2020.