Lavoratori e lavoratrici in pazza ieri a Buenos Aires nella prima mobilitazione nazionale indetta dalla Confederazione generale del lavoro (Cgt) contro il governo di Javier Milei. La giornata di protesta, a cui hanno aderito anche le altre due centrali sindacali nazionali, ha mobilitato decine di migliaia di persone contro il mega-Decreto di necessità e urgenza emanato dal governo lo scorso 20 dicembre: entrerà in vigore domani.

LA NORMA APRE LE porte alla privatizzazione di tutte le imprese statali, riduce il diritto di sciopero, riforma le leggi che regolano i contratti collettivi, le liquidazioni, i licenziamenti senza giusta causa e determina l’abrogazione di più di 300 leggi per deregolare l’economia. Molte le accuse di incostituzionalità giunte anche da prestigiosi giuristi. Per questo la Cgt ha convocato la protesta di fronte alla sede della magistratura a Buenos Aires e preme sulla Corte Suprema per la sua abrogazione.

LA MANIFESTAZIONE era già prevista dalla scorsa settimana, ma lunedì l’ennesimo decreto presidenziale ha aggiunto nuove rivendicazioni: il governo ha infatti annullato il rinnovo di 7mila contratti di lavoro firmati durante il 2023 con scadenza a partire dal 31 dicembre. A cui si aggiungeranno i lavoratori a contratto di aree e segreterie soppresse dal taglio dei ministeri annunciato subito dopo l’insediamento. Si stima che un totale di 30mila dipendenti pubblici perderanno il posto nel primo trimestre 2024.

LA CENTRALE SINDACALE, che non convocava una manifestazione nazionale contro un governo da più di quattro anni, ha deciso ieri di evitare lo scontro con il protocollo anti-picchetti lanciato dal governo poche ore dopo la nomina di Milei lo scorso 10 dicembre. Le nuove disposizioni stabiliscono l’arresto in fragranza per chi intralcia il traffico per protesta e impone dure sanzioni a chi organizza blocchi stradali. Per questo nella mobilitazione di ieri non c’è stato corteo. Alla fine della giornata, comunque, tutti sembravano soddisfatti: il governo è riuscito ancora una volta a evitare una marcia nel centro della città; i sindacati hanno potuto dare una prima risposta all’indignazione generale suscitata dal decreto ultra-liberista, mentre cresce la richiesta di indire uno sciopero generale contro Milei.

INTANTO IN PARLAMENTO sono cominciate le sessioni straordinarie convocate dal governo: proseguiranno durante tutta l’estate per approvare undici progetti «urgenti» confezionati dall’esecutivo. Spicca la Riforma integrale dello Stato, progetto di legge annunciato dal più stretto collaboratore di Milei e autore del mega Decreto per la deregulation, Federico Sturzenegger, che abbassa le aliquote fiscali per i grandi capitali, stabilisce un condono tributario per chi dichiara beni e depositi all’estero e reintroduce l’imposta sui salari più alti. Tra le norme vi è anche l’eliminazione della doppia imposizione fiscale sugli investimenti argentini in Giappone, Lussemburgo, Cina, Emirati Arabi Uniti e Turchia. Il caso del Lussemburgo, dov’è radicata la sede della potentissimo holding italo-argentino Techint, è quello che ha causato più polemiche, in quanto favorisce la delocalizzazione di grandi capitali per eludere il fisco. Nessun indizio invece a proposito della data del dibattito sul decreto del 20 dicembre, che per essere definitivo dovrà ottenere l’approvazione di una delle due camere entro metà gennaio.

MILEI HA DEFINITO martedì sera il proprio programma uno «shock di libertà». Secondo lui diversi deputati gli si oppongono «in cerca di mazzette». Come ormai è solito fare ha raddoppiato la posta: se parlamento e magistratura bloccano il mega decreto, lo sottometterà a plebiscito. Una misura esclusivamente politica, visto che il risultato non sarebbe vincolante, ma che il governo ritiene necessaria per spronare le istituzioni. «Il 75% degli argentini approva il contenuto della norma – ha sostenuto il presidente – Siamo totalmente convinti di doverlo fare. Se va male, salta tutto per aria, ma se non facciamo niente salta tutto lo stesso».