Dinamite in una polveriera. È così che Joe Biden, candidato democratico alle primarie presidenziali, ha stroncato la mossa da killer a distanza di Donald Trump.

DALL’IOWA, BIDEN ha specificato che in questo modo la presidenza americana sta spingendo gli Usa «sull’orlo di un conflitto armato su larga scala in Medio Oriente».

Anche Nancy Pelosi non ha lesinato parole di critica verso il presidente, mentre altri rappresentanti del Partito democratico, come la senatrice Elizabeth Warren, hanno deplorato la decisione della Casa Bianca, pur definendo il capo delle unità al-Quds «un assassino, responsabile della morte di migliaia di persone, inclusi centinaia di cittadini americani» (quali, però non è stato specificato). Interessante anche quanto detto dal Pentagono che ha sì annunciato di aver ucciso Soleimani, specificando però di averlo fatto su indicazione di Trump, per fermare «piani di attacco contro diplomatici e militari americani in servizio attivo in Iraq e altrove nella regione». Roba da precog in fibrillazione.

BEN DIVERSA LA POSIZIONE di Bernie Sanders, che ha ricordato la sua antica opposizione alla guerra in Vietnam, così come a quella irachena, promettendo di fare di tutto perché non ci si debba opporre a un altro conflitto, questa volta con l’Iran: secondo il senatore socialista «la pericolosa escalation di Trump ci porta più vicini a un altro disastroso conflitto nel Medio Oriente, che potrebbe costare un numero incalcolabile di vite e migliaia di miliardi di dollari».

IL LEADER DELLA MINORANZA democratica Chuck Schumer ha sostenuto che Trump «non ha l’autorità per una guerra con l’Iran» e ha messo in dubbio la «base legale» della decisione del presidente.

Nei prossimi giorni la Casa Bianca dovrà riferire al Senato circa questa decisione presa – tra l’altro – direttamente dal campo di golf dove The Donald stava trascorrendo il suo tempo, come riporta su The Intercept Mehdi Hasan.

Hasan ricorda anche un altro episodio molto gustoso: nel corso di un’intervista da candidato alla presidenza americana, nel settembre 2015, Donald Trump non aveva neanche idea di chi fosse Soleimani. A una domanda relativa alle «Quds force» (le unità dirette dall’iraniano), The Donald aveva risposto nominando i curdi, confondendo e neanche poco le due parole (Quds e Kurds).

Naturalmente dalle persone più vicine a Trump e da molti repubblicani sono arrivate congratulazioni e accuse contro Teheran e le sue «mani sporche di sangue americano». Mike Pompeo, il segretario di Stato, ha esultato postando le foto di iracheni festeggianti «grazie» all’iniziativa di Washington. Sul fronte europeo, invece, il primo paese europeo a reagire all’uccisione di Soleimani è stato la Francia.

LA MINISTRA degli affari europei Amelie de Montchalin, ha dichiarato alla radio Rtl, «ci stiamo svegliando in un mondo più pericoloso. Le escalation militari sono sempre pericolose». Macron ha risposto più tardi, chiedendo moderazione. Uguale cautela è stata poi richiesta dal governo londinese, mentre dall’Unione europea è giunta la voce del presidente del Consiglio europeo Charles Michel che ha esortato tutte le parti interessate a evitare ulteriori escalation «a tutti i costi», sperando di non assistere «a un nuovo ciclo di violenze nella regione».