A novanta anni suonati da un pezzo, conserva intatta le capacità di analisi, di indignazione e di denuncia. Parliamo di Angelo Del Boca, lo storico del colonialismo e del fascismo italiano, e probabilmente il massimo esperto di Libia.

Domani 2 novembre sarà prorogato in automatico per altri tre anni il Memorandum d’intesa Italia-Libia sui migranti firmato il 23 febbraio 2017 dall’allora presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e dal capo del governo di Riconciliazione nazionale della Libia Fayez al Serraj, mai ratificato dal Parlamento italiano. Che ne pensi?
Si tratta di una decisione completamente sbagliata, il memorandum va revocato e basta. Come fanno a non vedere la montagna di denunce di violazioni dei diritti umani diventati vagoni di dossier delle Nazioni unite – il segretario Guterres non a caso ha inviato tutto alla Corte penale internazionale – che parlano di «inimmaginabili orrori» nei centri di detenzione libici finanziati dal governo italiano, dove gli esseri umani diventano merce di scambio e subiscono torture, stupri, abusi. Il tutto in una condizione di impunità protetta da noi. Sarebbe da parte del governo una scelta omertosa, che vuole nascondere tra l’altro il disastro provocato dalla guerra della Nato del marzo 2011, decisa dal governo Berlusconi (c’era pure la Lega) ma votato in modo bipartisan dal Parlamento. Il M5s quasi non esisteva e invece sembra nascondersi dietro la stessa omertà.

Anche il governo M5S-Pd si ostina a parlare di «autorità libiche». Ma è in corso una cruenta guerra civile, solo lunedì un colpo di mortaio a Tripoli a messo in forse l’annunciata riapertura dell’aeroporto Mitica…Di quale presunta autorità stiamo parlando?
Sì, come se esistesse in Libia una autorità politica interlocutrice credibile di rapporti internazionali. Quando invece non ce n’è nessuna autorità politica. In realtà ogni città, ogni distretto ha una sua autorità e alcune, penso a quella di Misurata, sono molto più potenti di quella di Tripoli. Serraj esiste solo perché lo sostiene e lo protegge, anche militarmente, l’Italia che lo rifornisce di fondi perché tenga, lontano da noi, nei campi di concentramento i profughi. Ho sentito il presidente Conte dire che ci sono cose da rivedere nel Memorandum perché ora c’è la guerra. È male informato, in realtà lì la condizione di guerra intestina dura esattamente dalla caduta di Gheddafi nell’ottobre 2011. Adesso tutti la vedono perché sembra sintetizzata nei due fronti pro-Tripoli e pro-Bengasi, ma era cruenta (con l’Isis a Sirte e al Qaeda a Derna e non solo) mentre il memorandum veniva firmato.

L’attuale governo M5S-Pd si avvia a dare il consenso al rinnovo proponendo qualche modifica…
Sembra in relazione all’articolo 7 del Memorandum sulla presenza delle organizzazioni umanitarie nei centri di detenzione, sulla possibilità di riattivare programmi di evacuazione e rimpatrio e sul miglioramento delle condizioni nei 19 centri governativi ufficiali, dove però l’Onu e le Ong spesso non riescono ad entrare; e si chiederebbe poi alle Nazioni Unite di investire di più nei programmi alternativi alla detenzione, come i programmi «urbani» già attivi a Tripoli che prevedono l’erogazione di contributi per l’alloggio dei rifugiati ma in un paese dove si combatte, alcuni centri sono stati bombardati con tante vittime tra i profughi. Inoltre Medici Senza Frontiere che lavora nei porti di sbarco dove vengono riportati i migranti intercettati in Libia e cerca di entrare comunque dove può, denuncia che nel 2019 per ogni persona evacuata dai centri di detenzione più di quattro sono state intercettate e riportate in quegli stessi centri e che il 75% di loro è considerata a rischio dall’Unhcr-Onu; quanto all’annuncio italiano di hot spot in Libia voluti dall’Ue, ieri la Commissione europea ha smentito. Sulle responsabilità anche europee, come dimenticare che nell’accordo di Malta sulla redistribuzione dei migranti sbarcati, c’è la guardia costiera libica come punto di riferimento. Insomma, le modifiche al Memorandum, che in ogni caso devono essere approvate dalla controparte libica, non cambierebbero l’impianto generale dell’accordo. Come purtroppo conferma il fatto che le «autorità libiche» si siano dotate di una legge che impedisce alle Ong ogni soccorso e che fa dichiaratamente la guerra alle navi umanitarie minacciate militarmente. Che dice il governo italiano di quest’ultimo editto di Tripoli copia-incolla di quello di Minniti?

Firmato dal Pd al governo con particolare enfasi dell’ex ministro degli interni Minniti che lo rivendica tuttora, l’accordo che ha appaltato il controllo dei disperati in fuga da guerre e miseria alle milizie libiche che, cambiando casacca, diventano guardia costiera, ha aperto la strada alla gestione Salvini che ormai se ne vanta come rendita elettorale per avere ottenuto quella che chiama «la riduzione degli arrivi»…
Non dice a quali costi: i naufraghi a mare ostaggio della sua propaganda, le stragi davanti alle coste libiche e nel Mediterraneo, la violenza legittimata delle milizie diventate «guardia costiera» da noi addestrate, finanziate e con motovedette italiane nuove di zecca, la carcerazione arbitraria di migliaia e migliaia di persone, le morti sconosciute nei deserti nell’impossibilità ormai di arrivare in Libia.

Qual è la soluzione che l’Italia dovrebbe perseguire?
Va revocato il Memorandum e costruito un nuovo accordo che coinvolga direttamente l’Onu e le Ong per cancellare la vergogna delle carceri, della detenzione arbitraria, per evacuare subito dai centri con appositi corridoi umanitari, e con la strategia dei «porti aperti», per favorire alternative di protezione in tutta Europa; facendola finita con l’appoggio alle autorità e alla cosiddetta guardia costiera libica, guidata – come ha dimostrato una mirabile inchiesta di Nello Scavo su Avvenire – da criminali, trafficanti di esseri umani, torturatori che abbiamo legittimato come interlocutori politici. E poi usciamo una bella volta dalla guerra in Libia dove centinaia di nostri soldati sono nelle retrovie delle battaglie in corso. Voglio concludere appellandomi direttamente a Zingaretti. Ho visto e testimoniato tanti misfatti coloniali o neo-coloniali italiani in Africa, dall’iprite sui civili in Abissinia, ai primi campi di concentramento per deportati civili in Libia, alla recente guerra della Nato; il Memorandum di Minniti è su questa scia di infamie, prorogarlo con un po’ di belletto qui e là vorrebbe dire prorogare nella memoria queste infamie.