I dazi americani per circa 34 miliardi di dollari che riguardano le importazioni di beni provenienti dalla Cina, sono entrati in vigore oggi. Il ministero del Commercio cinese non ha usato mezzi termini e ha dichiarato che gli Stati uniti, con la minaccia (e l’applicazione) dei dazi, stanno «aprendo il fuoco» sul mondo, colpendo il processo globale di produzione e distribuzione, e ha avvertito Washington: «Si stanno sparando sui piedi».

LA CINA NON STARÀ a guardare gli avvenimenti nel loro svolgersi, e da mesi avvisa che scatteranno immediatamente delle rappresaglie, che, in caso di contro rappresaglia, si moltiplicheranno più e più volte, visto che Trump on ha alcuna intenzione di tornare su i propri passi ma ha reso noto che in caso di escalation i dazi applicati ai beni provenienti dalla Cina potrebbero raggiungere la cifra di 450 miliardi di dollari,vale a dire, tenendo conto che l’export della Cina negli Usa è intorno ai 500 miliardi di dollari, a bloccare le importazioni.

GAO FENG, PORTAVOCE del ministero del commercio cinese, ha dichiarato che non sono previste inversioni di marcia, in quanto «sono stati gli Usa a provocare questa guerra commerciale, noi non la vogliamo ma per salvaguardare gli interessi del Paese e del popolo non abbiamo altra scelta se non quella di combattere».

I dazi appena entrati in vigore riguardano componenti di manufatture industriali che spaziano dalle automobili ai dispositivi per le stazioni di rifornimento, ai computer, alle costruzioni, nonostante Pechino abbia sottolineato che molti di questi beni sono il frutto della produzione di multinazionali e giganti commerciali Usa.

Anche se lunedì sono stati i titoli cinesi ad aver subito il maggior contraccolpo, secondo un’analisi pubblicata da Bloomberg, la «guerra commerciale» dei dazi, provocherebbe le perdite più rilevanti, proprio per gli Stati uniti, considerando che la Cina gode del cosiddetto «magnifico isolamento» rispetto agli scambi di azioni che avvengono sulle principali piazze finanziarie mondiali.

IL COMPLESSIVO APPROCCIO commerciale protezionista di Trump che coinvolge i dazi, l’uscita dal Nafta, dal Wto, non riscuote unanime consenso nemmeno in patria; «Vorrei dire al presidente: ‘Amico, stai rovinando il nostro mercato’ – ha dichiarato al New York Times Kevin Scott, segretario dell’Associazione americana della soia – lLa volontà cinese di imporre tariffe già a partire da oggi sui semi di soia degli Usa, in risposta diretta ai dazi, sta già avendo un effetto negativo per gli agricoltori. Oltre a ciò negli ultimi giorni anche il Canada ha imposto dei dazi di ritorsione contro gli Stati uniti, e la General Motors ha avvertito che la minaccia di dazi sulle auto importate potrebbe ritorcersi contro, uccidendo posti di lavoro americani e portando a una ristrutturazione della GM. Io ho votato per Trump, ma se perdiamo i mercati cinesi e messicani, sarà difficile recuperarli, e sono i due maggiori mercati per le esportazioni americane di soia».

IL PROBLEMA NON È IL SINGOLO prodotto, quanto la totale mancanza di visione globale, come ha fatto notare Richard Newell, presidente di «Resources for the Future», un’organizzazione di ricerca apartitica con sede a Washington, che ha descritto l’approccio generale dell’amministrazione Trump come un esempio di completa mancanza di valutazione della complessità del commercio globale. «La lista di proposte di questa amministrazione con conseguenze indesiderate, include l’applicazione dei dazi ma non si limita a quello, è lunga».