Blindare le frontiere, aumentare i rimpatri e siglare accordi con i Paesi di origine dei migranti per impedire le partenze. E’ un’Europa pronta ad adottare politiche sempre più sovraniste pur di fermare l’immigrazione. Al punto da aumentare del 120 per cento la cifra per il controllo dei confini prevista nel Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 che entrerà in vigore dal prossimo mese di gennaio. «Rimpatriare, impedire i movimenti, respingere» è la nuova parola d’ordine adottata dall’Unione europea, ha spiegato ieri il responsabile immigrazione dell’Arci, Filippo Miraglia, presentando il rapporto «Finanziare il confine: fondi e strategie per fermare l’immigrazione». «Le risorse allocate fino a oggi sono impegnate per tre quarti in attività di rimpatrio, respingimento e blocco dei flussi all’estero, quindi attività di esternalizzazione delle frontiere», ha proseguito Miraglia. «In questo modo i governi fanno un regalo alle destre xenofobe, confermando le loro tesi razziste con l’impegno nei budget europei contro l’immigrazione, con il primo esercito europeo, quello di Frontex, che conta più di 10 mila “soldati” e con una spesa di 16 miliardi in 7 anni per fermare l’immigrazione».

Paradossalmente uno degli effetti collaterali delle politiche di chiusura consiste in un aiuto alle organizzazioni criminali che sfruttano i migranti. Maggiori controlli non fanno infatti altro che spingere chi sogna di cambiare la propria vita nelle mani dei trafficanti, gli stessi che l’Unione europea con una buona dose di ipocrisia, afferma di voler combattere. Ad aggravare la situazione c’è poi il riconoscimento e la collaborazione degli Stati europei, primo fra tutti Italia, con la cosiddetta Guardia costiera libica, collaborazione che non impedisce che si continui a morire in mare.

Sono ormai più di 500 gli uomini le donne e i bambini morti nel 2020 nel mediterraneo centrale – denuncia il rapporto – vittime della politica di criminalizzazione dei soccorsi e dei respingimenti per procura organizzati attraverso il supporto delle autorità libiche. Ma la frontiera europea comincia molto più a sud, nei Paesi di origine e transito a cui l’Ue chiede di bloccare i flussi migratori e collaborare con le politiche di rimpatrio.

«Nel 2020 abbiamo visto un aumento esponenziale delle persone respinte e un impegno sempre maggiore degli Stati membri nel supportare la Guardia costiera libica» ha ricordato Sara Prestianni, responsabile immigrazione e asilo di EuroMed Rights. «All’Italia, già impegnata su questo fronte, si è aggiunto un nuovo attore: Malta. Un altro elemento di novità a cui assistiamo è l’aumento della politica di criminalizzazione di chi fa attività in mare. Intanto l’industria della sicurezza ringrazia, perché queste politiche fanno aumentare i profitti».