Siamo nella sala di un centro civico. C’è questo ragazzo che avrà vent’anni, che non si vuole candidare a niente, ma semplicemente ci crede ancora e vorrebbe cambiare il mondo in cui vive. Questo ragazzo che dice: «Del mio corso oltre la metà dei compagni di università sono emigrati all’estero. E ad andare via non è stato chi aveva meno mezzi, ma chi aveva alle spalle una famiglia con più risorse». Lo ascoltiamo e pensiamo che tutto dovrebbe partire da qui, da un capovolgimento di prospettiva: noi siamo quelli che hanno il desiderio, la passione e le competenze per proporre un cambiamento radicale.

Oggi la cura del pianeta per la prima volta può essere motore dell’economia, del lavoro, dell’impresa. Può dare impulso alla ricerca. Può e deve coinvolgere una scuola e un’università che abbia finalmente la forza e la volontà di rinnovarsi. Curare la nostra terra significa anche salute, perché non possiamo più accettare che nelle città italiane ci siano quartieri dove si vive anche cinque anni meno che in altri. Significa garantire una sanità pubblica e uguale per tutti.

Avere cura del nostro meraviglioso Paese e delle sue città, avere a cuore il Pianeta chiama in causa anche altre grandi questioni: la giustizia sociale, tanto per cominciare. L’uguaglianza. Non parliamo di soltanto di principi che possono parere astratti, ma di conseguenze tremendamente concrete: le migrazioni di massa che ci attendono non si contrastano con muri e fili spinati, ma occupandosi seriamente del clima, delle sue conseguenze sulla vivibilità di intere regioni del mondo. Perfino le guerre nascono spesso da qui, da una distribuzione intollerabilmente ingiusta delle risorse. Vedete, parlando della nostra terra siamo arrivati a parlare della pace.

Dobbiamo, ecco il compito di questo nostro movimento tracciato così bene dal manifesto di Bonelli e Fratoianni, riprenderci nella mani il futuro. Dobbiamo cominciare dai paesi, dalle reti civiche. Dall’Italia e soprattutto da questa nostra Europa che, con tutte le sue contraddizioni, resta il luogo migliore per vivere nella storia tormentata dell’uomo. E per questo sono essenziali le prossime elezioni europee.

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Vi pare che abbiamo affrontato questioni astratte? No, può diventare straordinariamente concreto. No, pensate a una riforma seria della sanità pubblica. Immaginate una riforma fiscale che scoraggi attività industriali con un forte impatto ambientale e premi invece le pratiche e le scelte economiche innovative, le renda vantaggiose come suggerisce l’economista Richard Thaler nel suo libro The nudge, La spinta gentile. Pensate alle occasioni straordinarie che le tecnologie di comunicazione e telelavoro consentono per riportare la vita in tutto il nostro Paese e non soltanto nei maggiori centri urbani.

Oggi pensare al destino del pianeta significa provare a ridisegnare ogni ambito della vita comune. Comune a tutti. Consente di combattere le insanabili ipocrisie, le insostenibili ingiustizie che dividono gli esseri umani. Questo dev’essere un nuovo movimento politico, capace di proporre soluzioni anche divisive, ma chiare. Perché i cittadini hanno bisogno di identità. Perché hanno più fiducia in una forza politica di cui magari non condividono tutto, ma cui riconoscono coerenza. Coraggio. Visione.

Oggi è nostro dovere non negare la situazione drammatica, quasi tragica, del pianeta. Ci costringe a diffondere questa consapevolezza. Da qui, però, può nascere una straordinaria opportunità: non solo salvare l’ambiente naturale, ma anche quello umano. Immaginare una società più giusta e uguale. La premessa, più che nelle stucchevoli polemiche politiche che ascoltiamo ogni giorno, sta tutta nelle parole di quel ragazzo che parlava nella stanza di un piccolo centro civico di periferia: capovolgere la prospettiva. Non dobbiamo guardare al passato, ma al futuro. Siamo noi quelli che sanno fare progetti innovativi e dire sì. Noi che non ci facciamo guidare dalla paura, ma dalla speranza.

*Firmano anche Selena Candia e Roberto Centi (consiglieri regionali Liguria), Stefano Quaranta (coordinatore regionale Lista Sansa) e Megu Chionetti (Comunità San Benedetto al Porto)