Spinti da Minsk e respinti da Berlino. In balìa di ciò che accade sulla linea di frontiera che divide la Germania dalla Polonia, tra i boschi del Brandeburgo e il fiume Oder, dove se va bene si viene fermati dall’esercito di poliziotti inviato dal ministro dell’Interno, Horst Seehofer, e se va male ci si rompe la testa sulle spranghe dei neonazisti a caccia di stranieri. Per i migranti la via di fuga che parte dalla Bielorussia e finisce a 100 chilometri da Berlino è il corridoio della paura, esattamente come nei Balcani. Con la differenza che la guerra ai profughi della Bundesrepublik (ancora) governata dalla cancelliera Angela Merkel non fa notizia neppure se stravolge l’immagine dell’Europa solidale e i trattati sulla libera circolazione nell’Ue.

Eppure per toccare con mano la realtà basta farsi un giro a Eisenhüttenstadt (la città delle ferriere della Ddr dedicata a Stalin) dove si trova l’Autorità centrale per gli stranieri del Brandeburgo: il «centro di prima accoglienza» in cui vengono «ospitati» gli «illegali» fermati lungo il confine. Oppure registrare l’incredibile Comma 22 del ministro Seehofer: «Se fosse possibile in Europa non dovrebbero esserci controlli alle frontiere. Ma sarebbe possibile solo se funzionassero i controlli alle frontiere». Non sono parole in libertà di un politico a fine mandato ma ordini esecutivi. «D’ora in poi controlleremo strettamente il confine Est. Ho appena inviato altri 800 agenti della polizia federale. Se sarà necessario ci saranno ulteriori rinforzi».

Di fatto la frontiera con la Polonia è militarizzata dalle pattuglie congiunte di poliziotti tedeschi e polacchi come dai check-point mobili della Zoll (equivalente della Guardia di Finanza) decisi a stroncare il transito di migranti prima che i numeri sfondino, soprattutto, la soglia dell’informazione mainstream pronta ad accendere i riflettori sull’«invasione».

Secondo i rapporti ufficiali gli «ingressi non autorizzati» al confine polacco registrati a ottobre sono stati 5.300. Nulla di paragonabile all’estate 2015 quando Merkel spalancò le porte della Germania a quasi due milioni di profughi, e zero rischio di collasso per l’Agenzia federale per i rifugiati (Bamf) che all’epoca venne sommersa dalle domande di asilo. A certificarlo è il sindacato di polizia: «La situazione è seria ma non grave come sei anni fa, quindi non c’è alcun motivo di introdurre i controlli alle frontiere. Specialmente se a subire gli ingorghi chilometrici sono migliaia di pendolari» sottolinea il presidente Andreas Rosskopf.

Vale anche per il flusso migratorio che in teoria non rappresenta un problema per la capacità di accoglienza. «Attualmente ospitiamo 1.300 profughi su oltre 2.000 posti disponibili, 200 in meno della settimana scorsa. Arrivano circa 120 persone al giorno, per il 90% dalla Bielorussia. Molti provengono dal Nord dell’Iraq da dove è possibile volare fino a Minsk ma ci sono anche parecchi siriani e yemeniti. Al contrario di quest’estate, quando giungevano soprattutto uomini, ora è il turno di donne e bambini» riassume Olaf Jansen, direttore del centro-profughi di Eisenhüttenstadt.

Fuori dalla struttura non si fermano le proteste pro-migranti delle associazioni umanitarie al pari delle demo contro organizzate dai militanti di Alternative für Deutschland. Mentre in tutto il Brandeburgo si moltiplica il malessere dei residenti per la frontiera blindata da Seehofer. Spicca la denuncia del sindaco di Francoforte sull’Oder, René Wilke (Linke), sul «devastante impatto dei controlli sulla vita quotidiana degli abitanti» ma anche la paura di chi vive nel comune di Guben, dove due settimane fa sono stati arrestati 50 neonazi del movimento Dritte Weg armati di spranghe, baionette e machete mentre andavano a caccia di migranti nei boschi lungo il confine.

Tutto offuscato dall’azione politica concentrata sulla messa all’indice del presidente bielorusso Lukaschenko che usa i profughi come arma contro Germania e Polonia, come ribadito da Bruxelles, e ancora prima dal dibattito su quanti milioni di euro bisognerà girare al governo di Varsavia affinché blocchi i migranti ben prima che raggiungano le rive dell’Oder.