«L’America è una polveriera». Il titolo dell’editoriale di Michelle Goldberg, sul New York Times, incapsula meglio di tutti i titoli di testa non solo l’immagine ma anche il feeling del momento. S

ulle prime pagine, in carta e online, la mappa quotidiana dell’evoluzione del Covid-19 – New York, New Jersey, Alabama, California, Arkansas, Michigan…- viene sostituita (stesso formato) da quella delle proteste e degli scontri che hanno seguito l’omicidio di George Floyd -Minneapolis, Atlanta, Sacramento, New York, Louisville…

La furia e l’indignazione che si propagano come il virus, alimentati da decenni di un abuso che si ripete con piccole variazioni ma identico a se stesso, come la giornata infernale in cui rimane incastrato Bill Murray in Ricomincio da capo; ma sicuramente accentuate dal peso – psicologico, economico e sociale – di settimane di lock down.

La graduale, disorganizzata riapertura del paese è travolta, anche visivamente, da ondate di umanità frustrata e furibonda che si riversano in strada. «Molti dei manifestanti non hanno la mascherina e non rispettano il social distancing», dicevano venerdì sera i commentatori di Msnbc, il volto perplesso, come intrappolati nella new story del giorno precedente.

«Difficile dire come risponderanno le autorità a tutta questa gente che ignora il coprifuoco», si chiedeva Rachel Maddow sulle immagini delle strade zeppe di gente a Minneapolis, dove l’inviato della rete faceva fatica a parlare da dietro alla maschera antigas. E, mentre la stimata conduttrice liberal, incapace di controllare «la storia», si collegava con Atlanta, un amico mi mandava la foto di un furgone della polizia incendiato vicino a casa sua, a Brooklyn.

Dalla città della sua sede principale, la Nbc non aveva nemmeno ancora il video. «Contagion», mi scriveva un altro amico dall’East Village, citando il film di Steven Soderbergh su una pandemia molto simile a questa, «siamo entrati nella Fase 3».

Già codificata dalla pandemia, la dicotomia tra la sicurezza del «dentro» e il «pericolo» di fuori, tra le città (la malattia e adesso il fuoco e le fiamme della rivolta) e l’America rurale, pressoché inscalfita, sta diventando incontrollabile.

Presi alla sprovvista, con redazioni semideserte, gli organi di comunicazione del mainstream fanno chiaramente il possibile per non sensazionalizzare più del necessario la dimensione violenta delle proteste – ma ha ragione il governatore del Minnesota, ripreso sul Washington Post: «L’insurrezione non ha assolutamente più solo a che fare con la morte di George Floyd».

Dalla sua cantina del Delaware, il bel discorso di Joe Biden (meno eloquente ma più duro sul razzismo di quanto sarebbe stato Obama) nel casino generale si perde con il volume al minimo, come il grido di Vincent Price/mosca intrappolato nella ragnatela di The Fly. Dalla Casa bianca, Trump twitta idiozie sul Generale McArthur che fortunatamente nessuno riporta. La «storia» e la Storia oggi hanno superato anche lui.