Chissà se il 2018 potrà essere l’anno del lavoro: tra le elezioni e la probabile difficoltà a formare un governo, i segnali non sono dei migliori. E se il fronte del centrosinistra si è diviso proprio su questo tema – i partiti alla sinistra del Pd puntano a ribaltare il Jobs Act – se la Lega insiste sulla cancellazione della riforma Fornero (con quali risorse non si sa, visto che dall’altro lato vuole varare la flat tax), e se il Movimento 5 Stelle parla di reddito di cittadinanza e reintroduzione dell’articolo 18, dall’altro lato i sindacati hanno fissato le loro priorità. In quattro punti.

IL FISCO. Necessario realizzare più compiutamente la progressività prevista dalla Costituzione, andando ad abbassare il prelievo fiscale sulle fasce più deboli, ovvero i lavoratori e i pensionati. Il 2018 sia «l’anno della riforma fiscale», con l’obiettivo di «alzare i salari e le pensioni e spingere i consumi», dice la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan. Questo «dovrà essere l’anno di una grande vertenza fiscale da condurre insieme a Cgil e Cisl: rivendicheremo un forte impegno per un fisco più leggero e per salari e pensioni più pesanti», le fa eco il numero uno della Uil, Carmelo Barbagallo. La segretaria della Cgil Susanna Camusso è l’unica a parlare esplicitamente di una redistribuzione da chi ha di più a chi ha di meno: «Serve spostare l’imposizione dal reddito alla rendita e al patrimonio».

GIOVANI E LAVORO. Il punto forte, quello che può rilanciare il Paese, è l’occupazione: in particolare se si declina rispetto a due categorie, i giovani e le donne. Penalizzati dalla crisi, possono diventare il motore di una vera ripresa. «Il lavoro stabile dei giovani resta la principale emergenza del Paese», che va affrontata prevedendo «più risorse e più investimenti» e rendendo «più favorevole il contratto a tempo indeterminato rispetto a quello a tempo determinato», dice Furlan.

«Il nostro augurio per il 2018 – aggiunge Camusso – è che venga affrontato seriamente il vero tema del Paese ossia il lavoro, parliamo di lavoro stabile, con diritti e tutele». E quindi «creare occupazione in particolare femminile e giovanile e ridurre le disuguaglianze sociali, economiche e territoriali, superando il divario tra Nord e Sud». Secondo la Cgil queste «emergenze» possono essere «aggredite solo attraverso un paradigma basato su investimenti in sostenibilità ambientale e sociale e sul rispetto dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Basta quindi con bonus e misure spot».

Pronto a chiedere provvedimenti «strutturali» a favore dei giovani si dice il leader della Uil Barbagallo, affinché «trovino lavoro stabile e, soprattutto, non siano più costretti a lasciare l’Italia per vedere riconosciute le loro capacità».

PREVIDENZA. Il nodo pensioni è sempre di attualità, sia per il tema dell’età di uscita – portata sempre più avanti – sia per quello degli assegni, troppo bassi e inadeguati, soprattutto se si pensa che i pensionati spesso fanno da paracadute per figli e nipoti disoccupati o precari. Ma su questo nodo i tre sindacati si sono recentemente divisi: Cisl e Uil hanno condiviso le novità introdotte dal governo in legge di Bilancio, la Cgil le ha ritenute insufficienti. Se il sindacato di Susanna Camusso non rinuncia a ottenere di più dal prossimo governo – come testimonia la manifestazione in cinque città del 2 dicembre scorso – la Cisl insiste perché si passi alla fase «tre» del confronto (dopo le due degli anni 2016 e 2017): Furlan rimarca la necessità di «costruire le condizioni per una pensione di garanzia per i giovani» e chiede di «sostenere la famiglia con un nuovo assegno familiare universale». La parola passa al prossimo governo, quando ci sarà.