Controffensiva. Come un mantra questa parola occupa tutte le analisi sulle sorti della guerra in Ucraina da almeno due mesi. Tutti la aspettano, russi compresi, e c’è anche chi dice che sia già iniziata. Ma il contesto attuale è molto complesso e merita un approfondimento.

«FAREMO tutto quello che è sotto la nostra responsabilità» per garantire il successo della controffensiva, ha dichiarato in un’intervista all’Ansa il sindaco di Zaporizhzhia, Anatolii Kurtiev. «Con le forze armate abbiamo realizzato costruzioni per evitare un attacco di terra e siamo pronti». Gli ucraini continuano a dirsi pronti, «è solo questione di tempo» spiegano i funzionari alla stampa. Non è un caso se proprio il sindaco della più grande città del sud ancora in mano al governo di Kiev abbia suonato la carica. È evidente che le operazioni di terra hanno due possibili direttrici d’avanzamento: la costa orientale del Mar Nero e il Donbass. Nel primo caso gli ucraini hanno tutto l’interesse a spezzare in due il fronte russo che dal territorio della Federazione ormai giunge fino alle rive del fiume Dnipro, nella parte orientale della regione di Kherson. In quest’area l’attacco più probabile potrebbe giungere nell’area di Melitopol. La conquista della città costiera consentirebbe agli ucraini di interrompere i rifornimenti a Kherson est e, soprattutto, alla Crimea, già in difficoltà a causa dell’attentato al ponte di Kerch. Interrompere l’afflusso di uomini e mezzi nella penisola contesa dal 2014 metterebbe Kiev nella condizione di poter tentare addirittura uno sfondamento verso Sebastopoli. O comunque, di costringere i russi ad approvvigionarsi solo via mare, mettendo a rischio ogni carico da e verso la penisola. Le notizie dei giorni scorsi rispetto alla conquista di posizioni sulla sponda orientale del fiume Dnipro sono da ascrivere esattamente a questa strategia.

«I nostri militari visitano molto spesso la sponda sinistra, conducendo raid. Le forze armate ucraine stanno lavorando in modo molto efficace» ha dichiarato alla tv nazionale il vice capo dell’amministrazione regionale Yuriy Sobolevskiy. «I risultati arriveranno come sulla riva occidentale della regione di Kherson quando, grazie a un’operazione complessa e lunga, siamo stati in grado di liberare i nostri territori con perdite minime per i nostri militari. La stessa cosa accade ora sulla riva sinistra». Al di là dell’ottimismo del funzionario, diversi analisti ritengono tuttavia che questi attacchi possano anche essere un diversivo per costringere il nemico a convergere su un punto e poter lanciare il vero attacco altrove.

L’ALTRA OPZIONE è il Donbass, dove i militari impegnati a Bakhmut stanno letteralmente facendo da scudo alle manovre nelle retrovie. Ma qui una controffensiva al momento sembra molto improbabile. Forse, come ipotizza la testata Politico, Kiev potrebbe sorprendere tutti e avanzare da nord-est, ovvero da Kharkiv, per tentare di entrare nel Lugansk e costringere la controparte a dislocare un numero importante di uomini onde evitare la perdita di Lysychansk e Severodonetsk o, peggio, di Lugansk stessa.
Due scenari che però non possono non tener conto del fatto che nei mesi scorsi i russi si sono arroccati nei territori occupati proprio in previsione di una reazione ucraina. Nel Kherson orientale si contano almeno tre linee difensive fortificate con bunker di cemento e campi minati. Sfondare in questa zona richiederebbe uno sforzo enorme e non è detto che il risultato giustificherebbe le migliaia di morti nell’assalto. Gli ucraini hanno dato prova di essere ottimi difensori ma attaccare è tutt’altra storia. Nell’est la situazione è speculare anche se le fortificazioni russe sono meno stratificate.
INTANTO MOSCA continua a bombardare le città ucraine nei pressi del fronte dalle navi, da postazioni terrestri e dai caccia. A tale proposito ieri mattina l’aeronautica tedesca ha diffuso la notizia che tre aerei da ricognizione russi sono entrati nello spazio aereo internazionale sul Mar Baltico con i trasmettitori radar disattivati e sono stati raggiunti da aerei britannici e tedeschi che li hanno poi scortati fuori dall’area controllata dagli Eurofighter europei.