Il G8 vent’anni dopo. Due graphic novel per quanti c’erano e per quanti non c’erano. Due riproposte della casa editrice padovana BeccoGiallo. Due varianti del giornalismo disegnato, l’una che punta su effetti di realismo e obiettività, cioè sul ‘modello dossier’, l’altra che opera una commistione tra giornalismo e narrazione finzionale.

In Dossier Genova G8. I fatti della scuola Diaz (BeccoGiallo, pp. 172, euro 18), Gloria Bardi, sceneggiatrice, e Gabriele Gamberini, disegnatore, optano per l’illustrazione di un ‘documento ufficiale’: il rapporto della procura di Genova sulle azioni e i comportamenti dei poliziotti, che la sera del 21 luglio 2011 irruppero nella scuola Diaz, per percuotere e torturare quanti in quei locali dormivano. Gli autori scelgono dunque di illustrare un documento di parte, ricorrendo a stralci della Memoria dei magistrati, immagini, riproduzioni di articoli giornalistici e testimonianze.

A DOMINARE sull’intera mole documentaria sono però i disegni di Gamberini, sempre dettagliati nella visualizzazione dei volti e delle figure, mentre nella resa grafica degli spazi una cifra quasi fotografica (che ricorda le celebri tavole di Walter Molino per La Domenica del Corriere) si alterna ad una, per così dire, astratta, non caratterizzata. E in questo accumulo di materiali il lettore non si smarrisce grazie a un sistema di frecce, che a volte gli indicano il percorso da seguire nella tavola, a volte lo invitano a tornare indietro nel racconto per riflettere e per confrontare le versioni contrastanti, secondo il procedimento inquisitorio tipico della pubblica accusa di un processo penale.

Carlo Giuliani. Il ribelle di Genova (BeccoGiallo, pp. 176, euro 18), scritto da Francesco Barilli per i disegni di Manuel De Carli, si concentra invece sulla morte di Carlo Giuliani a Piazza Alimonda. Con un puntuale lavoro di inchiesta, condotto attraverso la raccolta di fonti di prima mano, gli autori mirano ad oltrepassare l’immagine fissata dalla celebre foto dell’agenzia Reuters. Carlo non viene caratterizzato come un eroe, ma come un ragazzo normale, inserito in una famiglia che lo amava, con i suoi affetti, i suoi sogni, le sue velleità. Al contrario del Dossier Genova G8, Carlo Giuliani. Il ribelle di Genova rielabora in chiave narrativa il materiale documentario raccolto. E questo già a partire dal prologo che ci mostra Carlo mentre si arrampica sugli scogli della costa ligure, per poi tuffarsi in mare.

SONO TAVOLE prive di nuvolette, il cui «silenzio» è interrotto da didascalie dove scorrono frasi tratte dall’ultima lettera scritta alla madre da un partigiano in attesa della pena capitale. Sono parole che lo stesso Carlo aveva letto, ancora adolescente nel 1995, nel corso di una diretta che una televisione privata genovese realizzò per ricordare la strage nazista del Turchino.

È QUESTO IL PUNTO di partenza di un percorso che si snoda in sette capitoli e un epilogo. Stazioni che vedono succedersi i principali testimoni della vita di Carlo, vale a dire i suoi familiari, la cui identificazione con il ragazzo è sottolineata da scelte visive fortemente simboliche. Ecco Elena, la sorella, indossare il passamontagna usato dal fratello per proteggersi dai gas lacrimogeni. Ecco la madre Heidi reggersi al bocchettone dell’estintore. Ecco il padre Giuliano maneggiare il rotolo di nastro adesivo che Carlo portava infilato nel braccio. Si sviluppa così un doppio registro narrativo.

Da un lato l’immediatezza delle storie di vita e l’emozione delle immagini, corredate dalla presenza delle poesie scritte da Carlo e dalle sue cartoline dalle vacanze, dall’altro la ricostruzione analitica dei fatti, dalla scelta di Genova come sede del G8 alle pretese di Silvio Berlusconi riguardo la gestione della cosiddetta zona rossa, dalle manifestazioni pacifiche organizzate dal movimento no global del Genoa Social Forum agli assalti indisturbati dei Block Bloc. Una ricchezza di toni e contenuti che rende Carlo Giuliani. Il ribelle di Genova un’opera capace di raccogliere – come scrive Chiara Ingrao – la sfida del revisionismo, cioè della «riscrittura della storia, da quella recentissima a quella di 40, 60 o perfino 150 anni fa, come strumento di lotta politica».