«Contro la guerra in Ucraina» e «Per un mondo sicuro». Rimbomba fino ai banchi del governo Scholz, che proprio ieri ha approvato l’invio a Kiev di altri 2.700 missili anticarro ex Ddr, il doppio slogan scandito da decine di migliaia di pacifisti scesi in piazza per dire basta alla nuova Guerra Fredda.
Da Berlino a Monaco, da Amburgo ad Hannover, passando per Francoforte, Colonia, Braunschweig e Gottinga; tutti uniti nell’enorme «Friedensstreik» («sciopero per la Pace») organizzato dagli studenti e dal movimento Fridays For Future insieme al cartello di Ong da sempre in prima linea contro l’uso delle armi.

«ABBIAMO DECISO di non rimanere in silenzio ma di fare il massimo del rumore per mostrare la nostra solidarietà ai pacifisti ucraini» sottolinea Luisa Neubauer, portavoce del Fff tedesco, denunciando il legame indissolubile fra risorse fossili e conflitti militari. «Guerra e riscaldamento globale corrono di pari passo. Di fatto, gas, carbone e petrolio servono principalmente ad alimentare i conflitti armati» è l’accusa degli ambientalisti diretta anzitutto contro il co-leader dei Verdi, Robert Habeck, pronto a rimandare a data da destinarsi «causa emergenza bellica» l’uscita dal carbone e lo spegnimento delle ultime tre centrali nucleari ancora operative in Germania.
Ma ieri è stato soprattutto il giorno dello sciopero degli studenti: hanno sfilato in corteo agitando i simboli della Pace insieme ai cartelli contro Vladimir Putin, il nazionalismo e le frontiere che «non servono a difendere nessuno di noi, ma rappresentano solamente un muro invalicabile per chi scappa dai bombardamenti» come riassume Julia, 15 anni, studentessa liceale di Amburgo, prima di rientrare nel cordone dietro cui sono incolonnati gli altri 30.000 manifestanti della città anseatica. Si aggiungono ai 45.000 riuniti nelle stesse ore nella Königsplatz di Monaco: palco contro la guerra prontamente “occupato” da politici di primo piano più o meno allineati con il governo Scholz. Dal sindaco Spd, Dieter Reiter, che ha puntato il dito contro «la brutalità del sovrano russo che ci minaccia con le bombe nucleari», al governatore Csu, Markus Söder, pronto a declinare la guerra in Ucraina come scontro ideologico «fra una dittatura e le democrazie liberali», fino alla leader dei Verdi bavaresi, Katharina Schulze, convinta che fornire armi all’esercito di Kiev sia stata «una decisione buona e giusta».

PAROLE tutt’altro che coincidenti con la linea dei pacifisti, eppure perfette per addomesticare la protesta nel recinto mediatico dell’atlantismo militante. Non è un caso se sui principali organi di informazione non si sono visti titoli a quattro colonne sulla manifestazione, in teoria, più che imbarazzante per il «cancelliere di guerra» Scholz. In compenso, è finito in tutte le prime pagine il remake del celebre «Io sono un berlinese» pronunciato nel 1963 da John Fitzgerald Kennedy, ieri trasformato in «Io sono un ucraino» dal console generale Usa, Timothy Liston.