Sei imputati su dodici assolti, chi per insufficienza di prove, come gli agenti della penitenziaria, chi per non aver commesso il fatto, come gli infermieri dell’ospedale Pertini di Roma. Altri sei, i medici dello stesso ospedale, si vedono invece derubricare il reato da abbandono di incapace al meno grave omicidio colposo, con conseguente riduzione della pena (per altro sospesa).

Sono le sei del pomeriggio e nell’aula bunker di Rebibbia, dove la III corte d’Assise ha appena chiuso il processo per la morte di Stefano Cucchi, esplode la rabbia. Ilaria, la sorella di Stefano, non riesce a trattenere le lacrime e la stessa cosa succede a Giovanni e Rita, il papa e la mamma del giovane geometra morto nell’ottobre del 2009 una settimana dopo essere stato arrestato per possesso di droga. «Mio fratello è morto di ingiustizia», si sfoga Ilaria abbracciata all’avvocato Fabio Anselmo, il legale che da tre anni le è accanto in questa battaglia alla ricerca della verità. «Si tratta di una pena ridicola rispetto alla vita umana. Sapevamo che nessuna sentenza ci avrebbe dato soddisfazione e restituito Stefano, ma calpestare mio fratello e la verità cosi… non me l’aspettavo. Oggi capisco quelle famiglie che non affrontano questi processi perché sono dei massacri». Intorno a lei, nell’aula, il pubblico urla contro i giudici: «Assassini siete voi».

«Massacro». Le stesse parole di Ilaria le aveva usate l’avvocato Anselmo all’inizio di questa brutta storia. I legale è a dir poco furioso mentre lo ricorda parlando con i cronisti. «Avevo detto: ’Andiamo al massacro e al massacro siamo andati’. Questo è un fallimento dello Stato, perché considerare che Stefano Cucchi è morto per colpa medica è un insulto alla sua memoria e a questa famiglia che ha sopportato tanto. In questo processo lo Stato non ha risposto. Ad esempio non sono stati identificati gli autori del pestaggio».

Neanche lui, però, poteva forse immaginare una sentenza così mite. I cinque medici che devono rispondere di omicidio colposo sono Aldo Fierro, condannato a 2 anni, Stefania Cordi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchi e Silvia Di Carlo condannati a 1 anno e 4 mesi. Il sesto medico, Rosita Caponetti, è invece accusata di falso ideologico e per questo è stata candannata a 8 mesi. Pena sospesa per tutti. I primi cinque inoltre dovranno risarcire con 100 mila euro ciascuno i genitori del giovane romano, e con 80 mila euro Ilaria, più 20 mila euro ciascuno ai due nipoti.

Sette ore di camera di consiglio non hanno solo distrutto gli sforzi fatti dalla parte civile per dimostrare che la vera causa della morte di Stefano fu il pestaggio subito nei sotterranei del tribunale, dove aspettava l’udienza per la convalida del suo arresto. Ma ridotto, addirittura di due terzi, le richieste avanzate dalla stessa procura, convinta invece che il giovane geometra sia morto per non essere stato curato adeguatamente nel reparto detentivo del Pertini dove era ricoverato. «L’assoluzione dei tre agenti penitenziari non ci lascia soddisfatti e sarà oggetto di nostra valutazione», ha commentato ieri il pm Vincenzo Barba che ha espresso invece soddisfazione per le condanne. «La Corte ha confermato che la morte di Stefano Cucchi è dovuta all’incuria dei medici; poco importa che sia cambiato il reato», ha detto il magistrato.

Bisognerà aspettare le motivazioni della sentenza per capire il perché delle condanne, ma è chiaro che i giudici hanno ignorato, o giudicato non convincenti, i referti che attestavano come le lesioni ritrovate sul corpo di Stefano fossero una conseguenza del pestaggio. E creduto, invece, alla perizia del tribunale secondo la quale il giovane sarebbe morto per denutrizione in ospedale.

E’ probabile adesso che la procura farà appello. Di sicuro lo farà la famiglia Cucchi, intenzionata a non cedere. «Andremo avanti», dice infatti Ilaria. «Me l’hanno ucciso un’altra volta. Andremo avanti fino in fondo, troveremo la verità, chi è stato un fantasma a farlo morire?» conferma la madre, Rita Calore mentre Giovanni, il padre, ha accusato la procura di non «aver fatto indagini adeguate». All’uscita dall’aula Ilaria viene accolta da un applauso dei manifestanti: «Non ti lasciamo sola» le dicono. «Noi la verità la sappiamo» è la risposta.