Non c’è pace tra i mercati. Ieri la Bank of England annunciava un’azione di forza, un fin troppo familiare whatever it takes, per salvare una sterlina da lunedì in avvitamento verso la parità con il dollaro (1,05 dollari nel pomeriggio di ieri, mai così bassa) e dal massimo aumento del costo del debito britannico dalla crisi finanziaria del 2008. È un’azione di emergenza tesa a prevenire un «rischio materiale» alla stabilità finanziaria del paese e a tamponare l’impennata dei costi dei mutui delle case e la svendita dei fondi pensione. Ma resta da vedere se sortirà l’effetto voluto.

La banca comprerà titoli di debito a lunga scadenza (da venti a trent’anni) fino al 14 ottobre con l’idea di rivenderli agli investitori una volta “ristabilizzatisi” i mercati. Nel frattempo, ha sospeso un’asta di titoli del valore di 838 miliardi di sterline – parte del quantitative easing con cui intendeva sostenere un’economia sul ciglio della recessione – per riprenderla il 31 ottobre. La valuta sì è inizialmente ripresa, per poi sgonfiarsi nuovamente.

È il risultato del mini budget, la finanziaria presentata venerdì scorso dal ministro delle finanze Kwasi Kwarteng, il vicino di casa (vive all’11 di Downing Street) della premier Liz Truss installatasi appena lo scorso 5 settembre. In una mossa che sembra non tenere in alcun conto la crisi post-Covid e quella energetica, la finanziaria di Kwarteng annunciava un succulento pacchetto di tagli (50 miliardi) alle tasse – il più consistente da mezzo secolo. Sulla carta per «rivitalizzare l’economia», più prosaicamente per beneficiare gli amici ricchi. Tutto ciò lo si finanzia con l’indebitamento, che a sua volta fa alzare i tassi di interesse – o meglio, induce gli investitori ad alzarli. Secondo la Deutsche Bank, il piano di spesa di Truss – una boutade per striminzire lo stato secondo i dettami thatcheriani più “anarchici” – porterà il rapporto debito/Pil del paese a circa il 101 per cento, il massimo livello di debito del paese dal 1962. Così, già lunedì, il mercato delle obbligazioni britanniche attraversava un’ondata di vendite, bruciando circa 500 milioni di sterline.

Una mossa, quella del governo, che è riuscita a mettere d’accordo nel criticarla investitori, economisti soprattutto americani, e attivisti nel sociale. È intervenuto perfino il Fondo Monetario Internazionale, bacchettando – umiliando – Truss & Kwarteng per un’iniziativa considerata rischiosa, che avrebbe «aumentato le disuguaglianze» e ha raccomandato severamente di «riconsiderare» il piano di spesa, nel timore di una ricaduta a livello globale. Massima allerta dunque.

Dopo il magnifico nuoto sincronizzato nel lutto che sono stati i funerali di Elisabetta II, il paese ripiomba nella realtà. E questo governo Truss si trova impelagato nel debutto peggiore: dal suo insediamento, soltanto l’indice dei titoli obbligazionari britannico ha perso circa 170 miliardi di sterline di valore, e le iniziative del duo hanno raccolto lo scetticismo degli investitori e il rimbrotto di tutte le massime istituzioni finanziarie mondiali. Il Labour di Starmer, riunito in congresso in questi giorni e comodamente avanti nei sondaggi, ha chiesto la riapertura del parlamento, chiuso proprio per permettere ai partiti di riunirsi in congresso.