La spina nel fianco del governo olandese si chiama Marjan Minnesma, 54 anni, esperta di sostenibilità ambientale dopo una lunga carriera universitaria e oggi presidente della fondazione Urgenda. È lei, con 886 concittadini, ad aver vinto con sentenza definitiva una causa legale che impone all’esecutivo di Amsterdam di fare di più – e subito – contro l’emergenza climatica perché il governo ha l’obbligo di proteggere la vita dei suoi cittadini. Se il caso Urgenda è la madre di tutte le cause legali contro governi indifferenti al caos climatico, la madre di Urgenda è lei.

Minnesma, come è nata l’idea di fare causa al governo olandese per contrastare i cambiamenti climatici?

Per tanti anni ho lavorato sul tema della transizione verso un modello di società più sostenibile, sono stata presidente di un programma di ricerca sulla scienza della transizione in un’università olandese, ho partecipato a vari programmi europei di ricerca. Però un giorno io e i miei colleghi ci siamo chiesti: ma abbiamo davvero cambiato qualcosa nella società, nel mondo reale? Quindi abbiamo creato la fondazione Urgenda per concentrarci su aspetti concreti della sostenibilità, in particolare su energia e clima, che dimostrassero alle persone che i cambiamenti sono possibili. Nel 2012, dopo aver letto il libro Revolution Justified, scritto da Roger Cox, l’avvocato che ha poi istruito la nostra causa, ci siamo convinti che l’unica mossa democratica per ottenere qualcosa di concreto dal governo fosse un’azione legale. Così abbiamo cominciato una campagna chiedendo alle persone singole e ad altre associazioni di costruire una causa collettiva. Alla fine sono stati 886 i querelanti che hanno sottoscritto la citazione in giudizio del governo olandese.

Prima dell’azione legale Urgenda ha scritto una lettera al governo chiedendo misure concrete sui cambiamenti climatici e ponendo una sorta di ultimatum. Come vi ha risposto?

Paradossalmente, nella sua risposta il governo ci ha dato ragione, dicendo: è vero i cambiamenti climatici sono un enorme problema, costituiscono un pericolo, però noi non vogliamo essere all’avanguardia nel fronteggiarli. Non è ridicolo? L’Olanda è nel 10% dei paesi che hanno il più alto tasso di emissioni pro capite e il più basso tasso di energie rinnovabili in Europa, solo il Lussemburgo fa peggio. Noi abbiamo cercato il dialogo all’inizio, ma il governo lo ha rifiutato. Così siamo arrivati in tribunale.

La società civile ha messo il governo con le spalle al muro, ma questo non sarebbe il ruolo dell’opposizione, o almeno del partito dei Verdi o di una sinistra ambientalista?

L’opposizione ci ha provato con i mezzi della politica. Anche il governo si è difeso sostenendo la tesi che la questione climatica deve essere una questione politica e non giudiziaria. Grazie al principio dell’equilibrio dei poteri i cittadini possono rivolgersi alla magistratura se ritengono violato un loro diritto. Il governo non può sempre fare quello che vuole.

Dall’inizio del contenzioso legale è cambiato qualcosa in Olanda sul fronte delle politiche ambientali?

All’inizio no: il governo ha liquidato la sentenza di primo grado a nostro favore nel 2015 come un errore giudiziario e ha fatto subito ricorso pensando di vincere in appello. Ma dopo la sentenza di appello del 2018, ancora a nostro favore, il governo ha cominciato a cambiare atteggiamento e a prendere misure concrete per la mitigazione dei cambiamenti climatici, la più importante delle quali è stata la decisione di chiudere una centrale elettrica a carbone che ha cessato definitivamente la produzione alcune settimane fa.

Ora la Corte Suprema ha imposto al governo di raggiungere entro la fine di quest’anno il taglio del 25% delle emissioni rispetto ai livelli del 1990: ce la farà?

Abbiamo sottoposto al governo un documento con 50 misure attuabili subito per dimostrare che è possibile, la più importante delle quali è la chiusura di un secondo impianto a carbone. Queste 50 misure sono il frutto di un ampio lavoro di consultazione che ha coinvolto esperti e circa 800 organizzazioni di varie attività economiche che rappresentano milioni di cittadini olandesi. Si tratta di una coalizione molto ampia, che io sappia non esiste nulla di simile in altri paesi. L’obiettivo non è lottare contro il governo, ma aiutare il governo a trovare soluzioni e continueremo a offrire il nostro supporto, se ci vuole ascoltare.

E a livello internazionale che cosa si aspetta? Sono molte le cause intentate sulla falsariga della vostra.

Sì, ci aspettiamo un aumento dei contenziosi, ed è per questo che abbiamo tradotto tutti gli atti della nostra azione legale in inglese. Quello che possiamo fare è aiutare e consigliare altre organizzazioni che vogliano seguire la via giudiziaria come strumento democratico. Altre organizzazioni hanno invece scelto di fare causa a compagnie private, come sta succedendo in Olanda contro la compagnia petrolifera Shell.

Il governo olandese è alle prese anche con il caso dell’azoto in seguito ad una sentenza del Consiglio di Stato che ha posto limitazioni alle emissioni di ossidi di azoto per la protezione della natura. Questa azione legale è in qualche modo legata alla vostra?

No, la sentenza del Consiglio di Stato sull’azoto è legata ad una decisione di una corte europea. Però se riduciamo le emissioni dell’azoto limitando la velocità dei veicoli o il numero degli animali negli allevamenti, questo aiuta anche il clima.

Perché la classe politica, non solo in Olanda certo, è così indifferente alle questioni ambientali anche di fonte ai danni evidenti causati dai cambiamenti climatici? Anche la Cop 25 di Madrid è finita senza un accordo…

Il denaro e l’economia sono considerati più importanti dell’ambiente in cui viviamo, questo è il risultato del neoliberalismo imperante negli ultimi 50 anni. Noi cittadini dobbiamo opporci e ribellarci a questo sistema e dire ai nostri governi che non è quello che vogliamo. Noi vogliamo aria pulita, biodiversità, non vogliamo affrontare i rischi del surriscaldamento del pianeta. Sono contenta che i ragazzi siamo scesi nelle piazze per dirlo.

Vede differenze tra il movimento dei Fridays for Future e gli ambientalisti della sua generazione?

Le Ong classiche, come Greenpeace, in effetti avevano nel tempo perso un po’ di forza, almeno qui in Olanda avevano smesso di scendere nelle piazze perché non avrebbero saputo coinvolgere più di qualche centinaio di persone. Oggi grazie a Greta Thunberg le persone hanno ripreso a scendere in piazza, e questo è straordinario. Sono i giovani a fare le rivoluzioni, in questo caso i giovanissimi. Noi di Urgenda abbiamo organizzato nel 2015 una marcia in vista della conferenza di Parigi e siamo andati a piedi da Utrecht a Parigi. L’evento ha avuto una buona risonanza mediatica perché eravamo seguiti dalla Tv olandese che per giorni ha trasmesso servizi su vari aspetti legati ai cambiamenti climatici. Abbiamo dimostrato alle persone che non sono sole e che insieme possiamo cambiare.

Per affrontare la crisi climatica dovremo tutti cambiare il nostro stile di vita: non crede che molte persone siano spaventate da questa prospettiva?

Il lavoro di una fondazione come Urgenda vuole proprio dimostrare il contrario, cioè che esistono soluzioni praticabili nei prossimi 10/20 anni pressoché per tutti i settori – tranne che per il trasporto aereo, per questo bisogna ridurre al massimo i voli – per ridurre drasticamente la dipendenza dalle fonti fossili senza che questo significhi rinunciare al nostro stile di vita. Possiamo guidare veicoli elettrici che hanno un costo maggiore iniziale, ma che si ammortizza nel tempo perché la ricarica elettrica è molto più economica del pieno di benzina. Possiamo utilizzare l’elettricità per cucinare o riscaldarci invece del gas e ammortizzare i costi degli impianti nell’arco di 15 anni, senza spendere di più, eccetto per l’investimento iniziale. Possiamo mangiare meno carne e stare meglio. Quello che il governo deve fare è aiutare e facilitare questa transizione con incentivi per coprire le spese iniziali, con tasse sulla CO2 o su qualsiasi materiale d’importazione prodotto in modo non sostenibile in modo da rendere competitive le nostre industrie che vogliano abbandonare il modello fossile.

Pensa che la conversione ecologica dell’economia sia possibile anche su scala mondiale?

Certo, sarà una grande opportunità di sviluppo e creerà molti più posti di lavoro di quanti ne possa creare il sistema attuale. Dobbiamo essere contenti di questi cambiamenti.

Qual è il suo giudizio sul Green New Deal della nuova presidente della Commissione Europea Von der Leyen?

Mi auguro che non siano solo parole, ma che a queste seguano misure concrete e denaro per realizzarle. La direzione è quella giusta. Vedremo.

Ha mai pensato di occuparsi attivamente di politica? Accetterebbe di diventare il ministro dell’Ambiente o del Clima in un futuro governo olandese?

Me lo chiedono in tanti… io rispondo che per ora penso di essere più utile facendo quello che faccio, ma se fosse necessario lo farei. È comunque una questione prematura: ora è urgente spingere il governo nella giusta direzione. Anche per questo vogliamo fare una campagna per limitare l’uso delle biomasse, che molti pensano sia una pratica sostenibile, ma non lo è perché la combustione delle biomasse produce persino più emissioni del carbone. Questa sarà la prossima battaglia di Urgenda.