«È ora che l’università agisca con decisione e garantisca la sicurezza di tutti gli studenti sgomberando l’accampamento. Il tempo dei negoziati è scaduto». A scrivere queste parole al consiglio di amministrazione della Columbia University sono stati 21 deputati democratici.

FINO A ORA a fare pressioni sulla rettrice della prestigiosa università newyorchese erano stati i politici repubblicani, ieri sono entrato in gioco i dem, fra cui l’ex leader della maggioranza democratica alla camera Steny Hoyer, e Adam Schiff, arrivato alla ribalta nazionale come procuratore capo nel primo processo di impeachment di Donald Trump. «La responsabilità ultima spetta al Consiglio di Amministrazione – hanno scritto i deputati – Chi non se la sente, si deve dimettere».
Insomma per i democratici questa scomoda spina nel fianco va rimossa, non importa se le tendopoli sorgono a ritmo esponenziale in tutti gli stati e non solo nei prestigiosi campus liberal delle due coste, ma anche nelle università pubbliche in stati tradizionalmente conservatori, come il ben poco progressista Indiana. E che le organizzazioni studentesche hanno richieste simili, come il disinvestimento da aziende che potrebbero trarre profitto dalla guerra di Israele a Gaza, e la trasparenza su dove i college stanno investendo i soldi delle loro tasse.

MOLTE UNIVERSITÀ hanno risposto dicendo di sostenere la libertà di parola e di volere consentire le proteste nei campus, ma che gli accampamenti violano la politica scolastica, per cui devono essere smantellati. Gli amministratori della George Washington University di Washington Dc hanno annunciato che i manifestanti verranno temporaneamente sospesi dalla scuola e amministrativamente esclusi dal campus. «Le sospensioni sono la prima mossa per farci stare in silenzio – dice Nasir Darwish, studente della Cornell University, ultimo campus newyorkese ad essere entrato nella protesta – Per gli studenti che fanno l’università attraverso le borse di studio, una sospensione equivale alla fine del percorso di studi, e quindi della carriera che vorrebbero avere. Per gli studenti stranieri la sospensione minaccia il loro status legale nel paese. Sono un’arma di ricatto molto forte e la stanno usando. Qua alla Cornell abbiamo appena fatto la tendopoli e le sospensioni sono già state quattro: due sono a studenti stranieri».

I college statunitensi continuano anche a ricorrere alle forze dell’ordine. Nonostante gli studenti non smettano di ripetere che le loro tattiche sono pacifiche, gli amministratori sostengono che le proteste nei campus sono distruttive, e alcuni, tra cui l’Indiana University, la George Washington University e il campus Humboldt della California State Polytechnic University hanno iniziato a usare le regole scolastiche sugli spazi comuni come un’arma per richiedere l’intervento della polizia. In alcuni campus le forze dell’ordine sono arrivate con tenute antisommossa, e dall’inizio delle proteste sono state arrestate almeno 900 persone, 275 solo durante lo scorso fine settimana.

Ma la risposta della polizia per ora non sembra essere stata un successo se il fine è quello di fare sgomberare i campus. «È da mesi che manifestiamo e scendiamo in strada – spiega Darwish – Fare le tendopoli non è stata la prima mossa. I cortei sono facilmente ignorabili. Anche le proteste durante gli eventi pubblici. A New York ci sono state proteste di qualche centinaio di persone di fronte alla casa del senatore democratico Chuck Schumer. Anche quelle ignorate. Così invece sembra che almeno il messaggio sia venuto fuori: no, gli studenti non vogliono che i loro atenei intrattengano rapporti con un governo genocida».

A SEGUITO della lettera dei dem la Columbia ha dato un ultimatum agli studenti dicendo di smantellare le tendopoli e innescando così un braccio di ferro. La Brown University, invece, nelle stesse ore ha annunciato che ascolterà le argomentazioni degli studenti e dei docenti a favore del disinvestimento, se l’accampamento «verrà pacificamente smantellato nei prossimi giorni».