Hanno parlato circa due ore, ieri, il generale libico Khalifa Haftar e il primo ministro Giuseppe Conte, nel primo faccia a faccia nella sede istituzionale di Palazzo Chigi dall’inizio dell’offensiva del «feldmaresciallo di Bengasi» su Tripoli, iniziata il 4 aprile.

Bocche cucite su che cosa si siano detti in questo lungo colloquio, a parte la scarna dichiarazione finale di Conte in cui dice di avergli ribadito la necessità di arrivare quanto prima a un cessate il fuoco per poi riprendere il dialogo con l’altra parte. La reticenza si capisce solo buttando un occhio sui giornali libici.

Lì si scopre che, mentre a Roma Conte e il generale si riunivano a porte chiuse, a Tripoli l’ambasciatore italiano Giuseppe Buccino Grimaldi si intratteneva con il ministro dell’Interno del governo di accordo nazionale sotto attacco, Fathi Bashagha, stretto collaboratore del premier Serraj, per ribadirgli l’appoggio dell’Italia come «unico governo legittimo, riconosciuto internazionalmente». Ne dava notizia il quotidiano in arabo Al Wasat.

È la politica dei due forni giocata dalla diplomazia italiana: sottili pennellate di chiaroscuro per ridefinire la posizione di iniziale appoggio incondizionato a Serraj, alle sue milizie e alla sua Guardia costiera senza dare l’amara sensazione di averlo ora del tutto abbandonato.

Haftar è atteso in queste ore a Parigi, terza tappa del suo viaggio dopo la Mecca – dove oltre al pellegrinaggio religioso, secondo Libyan Express, avrebbe anche avuto colloqui riservati con funzionari sauditi – e Roma. Nella capitale francese si incontrerà con il presidente Emmanuel Macron: anche lui ha rivisto l’iniziale posizione di pieno appoggio alla sua avanzata avvicinandola a quella europea di sostanziale neutralità e di pieno sostegno all’inviato Onu Ghassam Salamè.

Alla vigilia del rendez-vous, in ogni caso, una delegazione diplomatica francese si è recata a Mosca per discutere della situazione in Libia e di come «arrivare alla creazione di istituzioni unite» nel Paese lacerato da oltre otto anni di guerra civile.

Sul piano militare negli ultimi due giorni l’armata del generale – valutata dal sito Middle East Eye in 25mila soldati arruolati nel Libyan national army più 12mila ausiliari ciadiani e 2.500 di Zintan – ha ottenuto successi a Qasr Bin Ghashir, sulla strada dell’aeroporto di Mitiga, e abbattuto un drone, forse di fabbricazione turca, in perlustrazione su Jufra, Libia centrale.

Il portavoce dell’Lna Ahmed Mismari, nella sua quotidiana conferenza stampa, ha poi rivendicato l’uccisione di due comandanti delle forze di Misurata a Ein Zara, sempre nei sobborghi sud della capitale, riconosciuti come appartenenti a formazioni legate ad Al Qaeda.