La sala stampa del consiglio regionale della Puglia è il luogo in cui il foggiano Giuseppe Conte annuncia le coordinate della fase politica che sta aprendosi per il Movimento 5 Stelle. Parla della situazione locale ma non fa mistero di riferirsi a faccende generali. Sull’onda delle inchieste pugliesi sulla compravendita di voti, quella che coinvolge il Comune di Bari e quella che sta terremotando l’amministrazione di Michele Emiliano, il leader annuncia l’uscita dalla giunta e da ogni delega politica (perché l’ex pm e sindaco si era premurato di fornire a ognuno dei consiglieri pentastellati almeno una delega o un incarico speciale) e posiziona il suo M5S in questo modo: premesso che non si può e non si vuole tornare al passato (e ai 5 Stelle delle origini) e che ormai il partito che dirige ha fatto una scelta di campo che muove dalla consapevolezza che gli accordi di coalizione sono inevitabili, sulla questione morale non può transigere.

DUNQUE, IERI stesso ha consegnato una carta d’intenti a Emiliano. Insomma, la «legalità», concetto ombrello che aveva consentito al M5S di Gianroberto Casaleggio di prendere voti a destra e a sinistra, torna a sventolare ma in un contesto nuovo. Questa volta serve a prendere l’egemonia della coalizione progressista, che Conte giura di voler servire e rafforzare.

«NON FACCIAMO sconti alle forze che operano sul nostro campo politico – premette, dichiarando un posizionamento nello spettro politico ma lanciando un segnale ai (potenziali) alleati – Sulla legalità vogliamo contribuire a far voltare pagina alla politica. Siamo nati per questo, per cambiare la politica e non per farci cambiare. Per questo dobbiamo fare tabula rasa, dobbiamo estirpare le erbacce della cattiva politica, ci sono delle zone grigie da eliminare». Ecco allora che annuncia in Puglia «una scelta per il bene dei cittadini: lasciamo tutti i ruoli di governo, lasciamo tutte le deleghe. È l’unico modo, oggi, per dare un segnale forte contro un andazzo che non c’è solo da queste parti». «La fase nuova è segnata dal patto per la legalità che attraversa tutti i livelli della politica e che riguarda anche i dipendenti e i collaboratori esterni della pubblica amministrazione – annuncia l’ex premier – Lo offriremo alle forze politiche, in questo modo ci predisponiamo per dare una svolta alla Puglia e al paese». Il documento circola nelle ore successive: contiene indicazioni sulla scelta dei candidati (bisogna attenersi al protocollo antimafia), indicazioni su incarichi e conflitti di interessi, propone anche l’istituzione di un «assessorato alla legalità».

A QUESTO PUNTO, però, l’ex premier ha il problema di non passare per il nostalgico del grillismo delle origini. Ha bisogno di rivendicare il suo peso nella trasformazione del M5S, testimoniato (solo per dirne una) sul muro di gomma di fronte alle richieste di Virginia Raggi di candidarsi alle europee. E allora ha bisogno di precisare: «Non siamo solo quelli che gridano nella piazze ‘Onestà’. Siamo in una nuova fase, abbiamo scelto di contribuire al governo della regione e abbiamo lavorato su diversi fronti per dare un’impronta nuova al M5S». E ancora «Non siamo per l’antipolitica, siamo per la buona politica. Oggi siamo nelle istituzioni». Gli chiedono: nella fattispecie pugliese come hanno fatto a non accorgersi di nulla dopo tre anni in maggioranza? «Siamo entrati in giunta per Emiliano, che da pm ha combattuto le mafie – rivendica Conte – Non disconosciamo quelle ragioni politiche e quella scelta, avvenuta anche quando il leader dei 5 Stelle non ero io. Ma ora non possiamo chiudere gli occhi». Non chiudere gli occhi significa ritrovare nella legalità un tema trainante. Conte ricorda due circostanze avvenute durante il governo con la Lega (le dimissioni del sottosegretario ai traporti leghista Armando Siri e l’approvazione della legge cosiddetta «spazzacorrotti») e poi stuzzica gli alleati del Pd quando spiega così i risultati che ammette deludenti alle amministrative: «Non abbiamo mai imbarcato acchiappavoti, abbiamo anche noi la lista di capibastone con pacchetti precostituiti di voti che ci hanno offerto dappertutto e abbiamo sempre rifiutato». «A cavalcare la tigre ci si rimane sopra – gli risponde a muso duro il dem Andrea Orlando – Il M5S ha subito il più grande fenomeno trasformistico nella scorsa legislatura da quando esiste il parlamento».

MA SICCOME, appunto, ci sono degli equilibri da mantenere, Conte spende le ultime battute per dire che la destra è il vero avversario. «Nel campo progressista, anche nel Pd, c’è la chiara consapevolezza della direzione da intraprendere e dell’indirizzo politico verso cui muoversi». Al contrario, «nel centrodestra c’è indifferenza, vogliono rimuovere i controlli» Poi l’attacco al ministro degli affari europei con delega al Pnrrr (anche lui pugliese) Raffaele Fitto: «Stiamo creando le premesse per un disastro nazionale: il Pnrr».