Nella storia della Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), la Cop28 è la più ricca di risoluzioni, alleanze, impegni, promesse volontarie.

Alcuni impegni sono noti. L’accordo per rendere operativo il Fondo perdite e danni, ufficialmente «Climate Disaster Fund», a favore dei paesi più colpiti e meno responsabili del caos climatico (ma la parola risarcimento viene pronunciata solo a Sud); per ora pochi soldi, ma «abbiamo fatto la storia», ha detto il presidente della Cop28. Poi il «Global Renewables and Energy Efficiency Pledge», approvato da 116 paesi per triplicare la capacità installata di energia rinnovabile. Ma anche, all’opposto, la «Declaration to Triple Nuclear Energy», scommessa nucleare di 22 governi, con le ambiguità italiane.

SUI SISTEMI alimentari, 137 paesi hanno sottoscritto la «Cop28 Uae Declaration on Sustainable Agriculture, Resilient Food Systems, and Climate Action», promettendo di ridurne la vulnerabilità e di includerli negli impegni climatici nazionali, passando dunque ad approcci di produzione e consumo più sostenibili. La salute entra per la prima volta nell’agenda climatica con la «Cop28 Uae Declaration on Health and Climate», impegno politico (e finanziario) di 125 paesi.

SIGNIFICATIVO il «Global Cooling Pledge»: 63 paesi hanno firmato il primo impegno mondiale relativo al settore del raffreddamento – condizionamento dell’aria, ventilazione, refrigerazione di cibo e medicine – per ridurne di 3,8 miliardi di tonnellate di Co2 equivalente le emissioni previste da qui al 2050 e permettere un più ampio accesso, soprattutto alle popolazioni maggiormente esposte e spesso meno abbienti. Nel riscaldamento globale, questo energivoro settore del freddo esprime attualmente un circolo vizioso oltre che iniquo.
Pace, per così dire: con la «Cop28 Declaration on Climate, Relief, Recovery and Peace», 74 paesi e 40 organizzazioni sono disponibili a fornire particolare sostegno finanziario per la resilienza climatica in paesi dai contesti fragili e sconvolti da conflitti. Ma quanto a ridurre gli armamenti, a conteggiarne il peso climatico, e a non usarli? Non pervenuto.

La redazione consiglia:
Performance sul clima, tonfo mondiale: Italia giù di 15 posti

SOTTOSCRITTA da 64 paesi, la «Coalition for High Ambition Multilevel Partnerships for Climate Action» (Champ) mira ad accrescere la cooperazione con i governi sub-nazionali (locali e regionali) nella pianificazione, finanziamento, esecuzione e monitoraggio delle strategie climatiche. Ed ecco la richiesta dei sindaci delle maggiori città europee (e della Danimarca): l’Unione europea si impegni a ridurre del 90% le proprie emissioni – nette, ovviamente – entro il 2040.

Invece il «Global Methane Pledge», per ridurre l’impatto climalterante del metano entro il 2030, è del 2021, ma a Dubai si sono aggiunti 5 nuovi membri e i ministri dei 155 paesi firmatari hanno promesso normative e fondi «per un’azione decisiva». Non hanno voluto essere da meno 51 compagnie del petrolio e del gas (che totalizzano il 40% della produzione mondiale): con la «Oil and Gas Decarbonization Charter» giurano che entro il 2030 arriveranno a zero emissioni di metano e porranno fine al gas flaring nelle attività operative; le quali, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) rappresentano il 15% delle emissioni totali legate all’energia. Rimane l’altro 85%.

E POI I FONDI, cavallo di battaglia della discussa presidenza emiratina, la quale ha dichiarato che in totale nei primi cinque giorni della Cop sono stati promessi oltre 83 miliardi di dollari (anche da privati). Con la «Uae Declaration on a Global Climate Finance Framework», 10 paesi lanciano una road map per «rendere la finanza climatica disponibile e accessibile». La Banca mondiale si impegna ad aumentare i prestiti del settore (ma i poveri sono già indebitati) e bontà sua a favorire pause nella restituzione delle somme in caso di disastri nei paesi più vulnerabili. Banche di sviluppo latinoamericane e asiatiche investiranno di più nella finanza climatica. I paesi del Golfo metteranno petrodollari nella lotta contro le malattie tropicali e ovviamente per sviluppare sedicenti tecnologie per la decarbonizzazione. La Banca del Brasile ripristinerà 60mila kmq di foresta amazzonica.