Oggi inizia a Rimini la fase finale del XVII Congresso della Cgil, in un tempo storico che vede da anni il lavoro sotto attacco, frantumato, spinto nella solitudine della merce disumanizzata, prodotto tra i prodotti. Con l’ennesimo governo d’emergenza che sul lavoro prosegue, in continuità con i governi che l’hanno preceduto, le politiche fallimentari del rendere l’occupazione immaginabile solo caricando la dote di «disponibilità» del lavoratore, con più precarietà , i 5 rinnovi per i contratti a termine, meno formazione, quella ripetutamente e continuamente sottratta ad un apprendistato che può durare fino a 29 anni e che qualcuno vorrebbe estendere oltre i 50 anni. E un abnorme periodo di prova di 36 mesi.

Una tassa pagata in tempo di vita, per accedere al lavoro, a qualsiasi lavoro. Confindustria ringrazia ha ottenuto tutto quello che chiedeva da 20 anni ma nulla si sa di quanto e su quali prodotti gli imprenditori nostrani investiranno nel paese, n’è tanto meno si vedono al orizzonte quegli investitori stranieri che il governo Monti aveva promesso in cambio della sterilizzazione, avvenuta, del articolo 18. E nessuno può fugare i dubbi che avendo mediamente un 25% di capacità produttiva installata non utilizzata difficilmente gli investimenti riprenderanno prima che questa capacità venga saturata. E sopratutto occupazione fragile e ricattabile non prefigura imprese forti e prodotti innovativi. Gli 80 euro del governo sono un «risarcimento», si prendono e non vanno banalizzati ma non cambiano i rapporti di forza del lavoro in questo paese, non colmano le diseguaglianze, non invertono l’impoverimento del lavoro. Non incideranno sui consumi e non creeranno l’aumento del occupazione netta.

Ma sopratutto sono distribuiti in modo diseguale mancano gli incapienti, i pensionati al minimo e i nuovi subordinati delle partite Iva monocommittenti. Per far ripartire i consumi serve lavoro stabile e salario certo serve un New Deal, un piano straordinario per il lavoro, la Cgil ne ha proposto uno da tempo, ci auguriamo che il congresso lo rilanci e che si costruiscano su di esso buone pratiche con le mobilitazioni e le sperimentazioni necessarie magari partendo dalle regioni e dai territori coinvolgendo tutti i soggetti e le istituzioni disponibili. Serve al lavoro in questo paese un sindacato forte e rappresentativo come e stata ed è la Cgil e serve una Cgil capace di uscire dalla difensiva, di rovesciare l’accusa di conservatorismo sulle politiche, quelle sì conservatrici del governo sul lavoro. Per fare questo bisogna anche essere in grado di innovare anche su se stessi, financo sul modo di fare i congressi , scegliendo pratiche partecipate, democratiche e trasparenti che consentano ai lavoratori e agli iscritti di contribuire alle decisioni riprendendo le migliori pagine delle stagioni del sindacalismo dei consigli, fino al sostegno di una legge sulla rappresentanza che il governo Renzi annuncia e rinvia usandola forse più per dividere che per unire e rappresentare il lavoro.

La Cgil può chiudere questo congresso andando oltre i gattopardi della politica italiana se si metterà in gioco con tutte le categorie e le culture sindacali che la fanno sindacato confederale generale prima e più di altri. Non serve ai lavoratori – e alla Cgil tutta – una conclusione congressuale che cerchi capri espiatori, che si rassicuri nei recinti delle minoranze e maggioranze. Servono risposte ai metalmeccanici della Fiom-Cgil che non hanno fatto una battaglia di retroguardia per impedire alla Fiat di lasciare il paese e che hanno difeso così insieme alla Cgil il lavoro e sopratutto il diritto di lavoratrici e lavoratori a scegliersi liberamente il proprio sindacato senza condizioni e a decidere sui propri accordi in Fiat e ovunque. Diritto che, nonostante la sentenza del Corte Costituzionale, è ancora da ricostruire e riconquistare proprio a partire dalla nuova multinazionale Crysler-Fiat. Buon congresso alla nostra Cara Cgil.