Non c’è pace per Zuckerberg: Facebook, e dieci datori di lavoro che hanno pubblicato ricerche d’impiego sul social network, devono difendersi da accuse di discriminazione di genere, dopo che alcuni annunci di lavoro apparsi su Facebook erano rivolti solo agli utenti maschi, senza includere le donne. Una dimostrazione del fatto che la tecnologia dell’azienda californiana consente di indirizzare le offerte di lavoro a un genere specifico, escludendo le donne e le persone «non binarie», che non si identificano come uomini o donne.

IN QUESTO FRANGENTE I LAVORI offerti erano per impieghi come camionisti e agenti di polizia e sono apparsi solo sui feed di ragazzi; il caso è stato sollevato da tre lavoratrici residenti in Pennsylvania, Ohio e Illinois, e da un sindacato, la Communications Workers of America, che rappresenta centinaia di migliaia di lavoratrici, e la American Civil Liberties Union, (Aclu).

Secondo lavoratrici e sindacato Facebook fornisce annunci di lavoro che consentono ai datori di lavoro di scegliere chi vogliono, in base a età e sesso, e che la società di Zuckerberg trae profitti inserendo annunci di lavoro di questo tipo. Il fatto è che negli Usa, ai sensi delle leggi sui diritti civili federali, statali e locali, tutto questo è illegale. In una storica sentenza della Corte suprema del 1973, si stabiliva che il governo può vietare le pubblicità di lavoro sessualmente discriminatorie.

«L’AVVENTO DI INTERNET non ha cancellato le nostre leggi sui diritti civili – ha dichiarato Peter Romer-Friedman, avvocato di Outten & Golden, studio legale che si occupa dei diritti dei lavoratori – se un datore di lavoro usa Facebook per negare annunci di lavoro alle donne, questo viola la legge. L’ultima volta che ho controllato, non bisognava essere uomo per fare il camionista o un agente di polizia, ma Facebook e i datori di lavoro agiscono come se fossimo prima degli anni ’50, prima che la legge federale sull’occupazione bandisse la discriminazione sessuale».

LE PIATTAFORME ONLINE non sono generalmente responsabili della pubblicazione di contenuti creati da altri, ma l’accusa sostiene che Facebook, invece, può essere ritenuta legalmente responsabile in quanto agisce come un reclutatore che collega i datori di lavoro con i potenziali dipendenti. Il portavoce di Facebook ha dichiarato che «Su Facebook non c’è posto per la discriminazione, è severamente proibito dalle nostre politiche e, nell’ultimo anno, abbiamo rafforzato i nostri sistemi per proteggere gli utenti ulteriormente dagli abusi. Stiamo rivedendo il reclamo e non vediamo l’ora di difendere le nostre pratiche».

LE PUBBLICITÀ a cui si riferisce la denuncia sono apparse nel corso di diversi mesi nel 2017 e nel 2018, e oltre a quella segnalate dalle tre donne, riguardavano posizioni di venditori di pneumatici, meccanico, operai di tetti e ingegneri addetti alla sicurezza, ha affermato Galen Sherwin, procuratore senior del Women’s Rights Project di Aclu. Nell’annuncio riguardante il posto di lavoro presso un distretto di polizia della città di Greensboro, nel North Carolina, si mostrava una foto di due poliziotti e ed era destinato a «uomini di età compresa tra i 25 e i 35 anni che vivono o sono stati recentemente nei pressi di Filadelfia».

Tali informazioni di targeting erano disponibili per gli utenti di Facebook cliccando su «Perché lo vedo», in un menu a tendina riguardante l’annuncio. «I processi di apprendimento automatico di Facebook dovrebbero indicare annunci di occupazione o alloggio senza discriminazioni – ha detto Sherwin – ma non sta funzionando. Qualunque sia il meccanismo che hanno in atto non è all’altezza del lavoro».