Una partecipata assemblea tenutasi al Laboratorio sociale autogestito del Casale Falchetti, casa colonica eredità dell’agro romano che resiste in mezzo ai palazzi di viale della Primavera, ha messo a punto la manifestazione di oggi a Centocelle. Si andrà in piazza per ricordare Francesca, Angelica ed Elisabeth, morte nel rogo del camper in cui vivevano con la loro famiglia nella notte tra martedì e mercoledì scorsi.

Il corteo partirà dalle 16 in piazza dei Mirti, luogo centrale di questo quartiere della periferia orientale romana. È indetto da un appello che porta una sola firma, «Gli abitanti della città». Una città che contiene differenze, un’immagine utile a smontare l’automatismo xenofobo di chi considera le comunità rom come mondo a parte, abitanti di una città parallela della quale diffidare, con codici e logiche a sé stanti. «Non è accettabile che si possa vivere in condizioni al limite della sopravvivenza – sostengono gli organizzatori – Non è accettabile che non si trovino soluzioni e risposte per le migliaia di persone che in questa città vivono ai margini e sotto ogni soglia di vivibilità Noi crediamo che le vere responsabilità di queste tragedie siano le scelte politiche che vedono come sempre mettere in primo piano e come unico diktat il risanamento del debito, i tagli alle politiche sociali, ai servizi e al welfare».

Gli antirazzisti si muovono in maniera autonoma dagli inquirenti, che ancora seguono la pista della «faida interna» ai campi rom. Gli organizzatori della manifestazione sono stati raggiunti in via informale da una delegazione di rom, i quali hanno tenuto a sottolineare di non sapere chi ha compiuto la strage e dunque di essere in attesa degli sviluppi per capire come comportarsi.

L’immagine di una comunità omertosa, impermeabile all’esterno e in fondo indecifrabile, è contestata anche da Graziano Halilovic un cugino del padre delle sorelle morte. Con una lettera aperta ha voluto anche lui precisare di non avere idea di chi possa aver dato fuoco al camper. «Un mostro, di certo, che ha commesso un crimine orribile, imperdonabile e disumano, che ha visto dei genitori assistere inermi alla morte dei figli bruciati dal fuoco – sostiene Halilovic – Il punto è che non sappiamo chi sia stato e non possiamo usare la fragilità e il dolore del momento per individuare un colpevole prima che le indagini facciano il loro corso». La precisazione ha un certo peso, perché da un paio di giorni circolano voci che vorrebbero la polizia al seguito di una persona precisa, individuata con l’aiuto del filmato che lo ritrae a volto scoperto e con la collaborazione di Romano Halilovic, padre delle ragazzine.

L’uomo invita anche a evitare «termini diffamatori» che circolano a proposito dell’accaduto, «parlando di ‘clan’ e di ‘faide tra rom’, associando così la comunità rom ancora una volta a termini che richiamano la criminalità organizzata, finché le indagini di chi ne ha la competenza non porteranno alla luce la verità».