Se si parla di «coordinamento delle opposizione di centrosinistra», allora «ci aspettiamo che di fronte alla vicenda della nave Mediterranea Zingaretti non si limiti a una critica generica ma dica con chiarezza che le Ong sono decisive per costruire un fronte ampio contro le politiche del governo sull’immigrazione». Paolo Cento, ambientalista storico, movimentista, fra i fondatori di Sinistra italiana, ragiona sull’apertura di un dialogo con il nuovo Pd di Zingaretti.

Intanto ci sono le europee. E con il Pd sarete avversari.

Alle europee ciascuno si presenta con la sua faccia e ciascuno si siederà nei banchi della sua famiglia politica. È un elemento di chiarezza. Sinistra italiana starà con la Sinistra europea e con il Gue. Ma senza chiusure identitarie. Penso all’iniziativa di Possibile che propone un protagonismo femminista. E all’ambientalismo: in queste ore va fatto di tutto per costruire uno schieramento largo, ecologista, civico e di sinistra. Rinchiuderci nelle vecchie identità sarebbe una follia fuori tempo.

Ripeto: con i socialisti siete avversari. Cioè con Zingaretti.

Alle europee ciascuno corre per sé. Ma anche qui bisogna avere chiaro un obiettivo: fermare i nazionalisti. Così dobbiamo costruire la campagna elettorale. Per noi i nazionalisti si fermano rivendicando discontinuità con le politiche di austerità. È quello che chiedono le mobilitazioni: l’attenzione che c’è intorno a Mediterranea, le piazze dei sindacati, quelle contro il razzismo, i ragazzi per l’ambiente: il 15 marzo è stata una nuova Seattle. Queste piazze chiedono concretezza per cambiare.

Anche per cambiare il governo? Dunque si può aprire il dialogo con Zingaretti?

L’elezione di Zingaretti cambia la natura del Pd. Certo, con molte contraddizioni, con i molti elementi di continuità. Penso alla Tav, che per me resta un errore, al fatto che Zingaretti non ha capito che il referendum costituzionale è stata una cesura netta con il renzismo e così va interpretato. Ma per questo giunto il momento di aprire un confronto serrato sui contenuti. Se vuole davvero fare un coordinamento con le opposizioni, Leu e Sinistra italiana non debbono sottrarsi. È un modo per verificare le condizioni di un’alternativa a questo governo che fa disastri ed è un governo di destra come mai nella storia repubblicana.

Allora non avreste dovuto partecipare alle primarie?

Ma no. La sinistra deve andare a questo confronto senza entrismi. Le primarie erano un fatto del Pd e di chi lo vota. La sinistra deve essere autonoma. Ma non si deve chiudere al confronto di merito e alla possibilità di costruire di momenti di opposizione comune.

Verificare le condizioni di un’alternativa o solo momenti di opposizione comune?

Siamo di fronte a un passaggio molto rilevante. La sinistra non si può sottrarre alla ricerca di una condizione dell’alternativa a questo governo. Con tutta la nostra radicalità andiamo a verificare se questo nuovo corso del Pd c’è o è solo un altro storytelling. D’altra parte alle amministrative e alle regionali lo stiamo facendo.

Senza risultati travolgenti.

Non sono stati un successo ma hanno segnalato una ripresa di aggregazione. Dall’Abruzzo alla Sardegna. Anche in Piemonte, in maniera molto sofferta. A Firenze invece andiamo da soli, e facciamo bene. Se però se discutiamo nei territori, sfidiamo il nuovo Pd in parlamento. E credo che per farlo Sinistra italiana dovrà fare un salto di qualità.

Cosa vuol dire?

Dalle amministrative emerge un’area che guarda a questa alternativa ma non ha una casa. Dobbiamo tornare a rivolgerci anche alla diaspora di Sel, riprendere lo spirito originario, fare una Sel 2.0. Ridarci una proposta più ampia, un luogo a quanti vogliono costruire una prospettiva di sinistra, autonoma e radicale, nei movimenti. Ma che si ponga il problema dell’alternativa di governo.