Il ritornello è sempre lo stesso: «politicizzare la vicenda non aiuta». Questa volta a ripetere la frase preferita dalla destra italiana sul caso di Ilaria Salis è Giorgia Meloni in persona. Da Bruxelles, dove si trova per il consiglio Ue, la premier ha concesso ai cronisti qualche battuta sull’annuncio della candidatura con Avs dell’antifascista italiana aggiungendo che, in ogni caso, questa mossa «non cambia nulla» rispetto alle attività del governo sulla vicenda.

Viene da chiedersi allora quali sarebbero queste attività: dopo undici di mesi di disinteresse totale – l’arresto di Salis è del febbraio del 2023, le prime parole dell’esecutivo italiano sul tema del gennaio successivo – la partita diplomatica è stata gestita per lo più dal ministro degli Esteri (e vicepremier) Antonio Tajani e dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. I due hanno anche incontrato il padre della donna, Roberto Salis, sconsigliandolo di seguire i consigli dei legali di sua figlia (chiedere una misura alternativa al carcere da scontare in Italia) e di giocarsi la carta della richiesta di domiciliari in Ungheria. Non all’ambasciata italiana di Budapest, però, ma in un appartamento da prendere in affitto allo scopo. La richiesta è stata però respinta senza tanti complimenti dal giudice ungherese in quella che è stata a tutti gli effetti un’umiliazione dei (presunti) movimenti diplomatici italiani. In tutto questo, una settimana sì e l’altra pure, membri del governo di Viktor Orbàn hanno continuato a dire con toni più o meno minacciosi che l’Italia farebbe meglio a farsi gli affari propri. Solo schiaffi, insomma, per un governo che ama definirsi patriottico ma che non ha mai voluto né saputo rispondere a queste palesi provocazioni. Anzi, ogni volta che qualcuno ha fatto presente l’arroganza ungherese sul caso, dalla destra italiana sono arrivati solo inviti alla moderazione, perché «la diplomazia lavora in silenzio». Sul silenzio non c’è dubbio, sul lavoro della diplomazia al contrario ormai c’è poco da sperare.

«La candidatura di Ilaria Salis non mira a politicizzare una vicenda come dichiarato da Meloni – dice il segretario laziale di Sinistra Italiana Danilo Cosentino. Ma serve a tutelare la dignità e i diritti umani di una cittadina italiana portata in catene in un’aula di tribunale. Tutela che né il governo italiano né l’Europa hanno saputo garantire».

È, se la collocazione di Ilaria Salis nelle liste di Avs è ancora tutta da gestire (probabilmente sarà capolista nel Nord Ovest), dalla destra continuano ad arrivare dichiarazioni ai confini della realtà. L’ultima sparata porta la firma di un professionista del genere, il segretario della Lega Matteo Salvini, che vorrebbe un confronto pubblico tra Ilaria Salis e il generale Roberto Vannacci. Che, tra le altre cose, ancora non è nemmeno candidato.