Urne aperte oggi a Palma Campania, il comune ai piedi dell’area vesuviana diventato famoso per aver invocato venerdì dalle colonne di Libero l’intervento leghista, l’articolo titolava:

«Palma Campania, primo comune islamico di Italia. Appello disperato a Matteo Salvini: salvaci tu». E il ministro dell’Interno ha prontamente twittato: «E a sinistra qualcuno continua a dire che non esiste alcun problema invasione… amici di Palma, ci vediamo presto». Dopo due mandati, il sindaco uscente Vincenzo Carbone è stato eletto senatore con Fi ma guida anche la pattuglia di aspiranti consiglieri che appoggiano Giuseppe D’Antonio con la lista Insieme. Lo sfideranno in due: Nello Donnarumma con una civica e Martino Gragnaniello dei 5Stelle. La destra da oltre un anno alimenta il clima anti migranti e sui giornali si moltiplicano i titoli dove il comune viene ribattezzato Bangla Campania o Palmaglesh.

Nel 2017 sollevò il caso Palma in parlamento Pina Castiello: passata da An al Pdl (nell’area vicina a Nicola Cosentino) per approdare a Noi con Salvini, è un punto di riferimento della Lega sovranista con cui è stata riconfermata deputata. L’anno scorso era preoccupata per la cittadina vesuviana, dove si erano verificati sette casi di tubercolosi: «In sfregio ad ogni norma igienico-sanitaria – si legge nell’interrogazione – i cittadini del Bangladesh vivono in appartamenti di pochi metri quadri a decina di unità, palesemente violando ogni indicatore di sovraffollamento delle abitazioni». Non c’è scritto che a guadagnarci sono gli italiani che fittano un posto letto tra i 100 e i 300 euro. Un affare che ha destato la riprovazione generale solo quando il valore degli immobili ha cominciato a calare.

I bengalesi sono arrivati nei comuni vesuviani attirati da due fattori: i costi bassi degli alloggi e le sartorie. Abilissimi con ago e filo, si sono insediati negli anni Novanta: producevano capi d’abbigliamento per i marchi della moda italiana, i proprietari dei laboratori erano italiani e gli intermediari con le griffe pure. Lavorano nei sottoscala, 14 ore al giorno senza pausa dalle 6.30 alle 20.30 dal lunedì al sabato, la domenica dalle otto di mattina alle cinque di pomeriggio, per una paga media tra i 3 e i 5 euro all’ora. Poi però hanno fiutato il business anche gli imprenditori del Bangladesh che hanno aperto sartorie in proprio, a favorirli la Bossi-Fini: era più semplice importare manodopera dalle loro zone di origine rispetto a un italiano. E così la concorrenza ha iniziato a infastidire la comunità locale. Soprattutto se, accanto alle sartorie, cominciano anche a spuntare gli esercizi commerciali dove fare la spesa.

Il comune conta circa 15mila abitanti, nel 2005 gli stranieri residenti erano 652, attualmente sono circa 3mila ma si stima che, inclusi gli irregolari, si arrivi a oltre 6mila. Un ex dipendente comunale ha aperto un sindacato, il Sia Confsal, per le pratiche di regolarizzazione. Così sono cominciate le rimostranze contro i migranti: il sindaco ha introdotto la multa di 500 euro perché «sputano a terra»; gli irregolari non pagano le tasse; infastidiscono la popolazione con le loro preghiere in strada. Lo scorso gennaio un bambino bengalese di 11 anni è stato colpito alla nuca da un proiettile esploso da una pistola ad aria compressa: era davanti a un negozio di frutta di connazionali, i responsabili sono sfrecciati via in Mercedes. Razzismo o richieste di pizzo, l’aria è diventata pesante. Soldi per finanziare l’integrazione non ce ne sono però nel bilancio di previsione 2017 del comune sono stati inseriti 100mila euro per comprare cartelli stradali.