Nella classifica delle carceri più sovraffollate d’Europa, con 118,9 detenuti ogni 100 posti, l’Italia è superata soltanto dal Belgio (120,6) e dalla Turchia (122,5) . I dati, raccolti e analizzati nell’ultimo rapporto «Space» del Consiglio d’Europa, sono di un anno fa, risalgono al 31 gennaio del 2019, ma la situazione non è cambiata. Anzi, il 4 aprile scorso il Garante per i diritti dei detenuti, Mauro Palma, stimava il sovraffollamento medio al 121,75%. Un problema che, con il serio rischio che la pandemia da Covid possa trasformare le celle in camere di morte legalizzate, è diventato il nemico numero uno, da combattere con estrema urgenza.

A SOTTOLINEARLO non è solo il segretario generale della più grande organizzazione europea (47 Stati membri) in materia di diritti umani, Marija Pejcinovic Buric, che a commento del rapporto «Space» invita tutte «le amministrazioni penitenziarie e tutte le autorità competenti» d’Europa a «cercare di utilizzare quanto più possibile le misure alternative al carcere, e prendere tutte le precauzioni per proteggere i detenuti e il personale». Ieri anche i Dirigenti e i funzionari della Polizia Penitenziaria hanno rivolto un «accorato e responsabile appello» a Giuseppe Conte.

Al presidente del Consiglio hanno chiesto: «Abbiamo la certezza che il virus in carcere non si diffonda? Ed in caso di sommosse o altre rivolte, il Governo è in grado di inviare squadre antisommossa per fronteggiare 50 mila detenuti avviliti e disposti a tutto?». Se «la risposta non è affermativa – continua la DirPolPen nella missiva – allora chiediamo di valutare urgentemente forme deflattive più consistenti, che senza passare per amnistie o indulti, deflazionino sensibilmente le presenze dentro le mura e permettano una gestione più lineare dell’emergenza».

LA PREOCCUPAZIONE del sindacato più rappresentativo dei Dirigenti di polizia penitenziaria sta soprattutto nell’«impossibilità di realizzare il distanziamento necessario di un numero elevato di soggetti, con l’ampio rischio di trasmissione a catena attraverso soggetti asintomatici anche agli operatori penitenziari». E anche nel fuoco che «cova sotto la cenere delle devastazioni delle scorse settimane».

«L’Amministrazione Penitenziaria è in impasse e oggi, se dovessero ripetersi i disordini – prevede l’Associazione – sarebbe incapace di fronteggiarli, se non mettendo a repentaglio la vita del personale di Polizia Penitenziaria e di altri operatori ivi presenti».

D’ALTRONDE CHE I DETENUTI italiani abbiano qualche motivo per non sentirsi in debito verso uno Stato che persiste nell’illegalità, lo dice il rapporto del Consiglio d’Europa. Fuori dal podio della classifica del sovraffollamento, con l’Italia piazzata al terzo posto, in posizione critica seguono solo Francia (con 117 detenuti ogni 100 posti), Ungheria (115), Romania (113), Malta e Grecia (107), Austria e Serbia (106). Poi tutti gli altri. Inoltre, se si va a spulciare il lungo dossier stilato a Strasburgo, l’Italia risulta anche tra i primi Paesi (all’11° posto dopo Liechtenstein, Monaco, Andorra, Lussemburgo, Svizzera, Olanda, Armenia, Albania, Danimarca e Nord Irlanda) per percentuale di detenuti in attesa di sentenza definitiva. Ma salta addirittura al quarto posto, dopo Andorra, Lettonia e Islanda, per percentuale di reclusi che scontano condanne in violazione delle leggi sulle droghe. In Italia sono il 31,8% della popolazione carceraria, a fronte di una media europea del 16,8%.

Unico grafico nel quale il nostro Paese occupa la parte bassa della tabella, è quello che descrive il numero di detenuti in rapporto a ciascun agente di polizia penitenziaria: nettamente sotto la metà della classifica, l’Italia conta 1,4 reclusi per ciascun poliziotto, a fronte di una media europea di 1,6 e con la Turchia al top della graduatoria con 4,9 carcerati per agente.

IN QUESTA SITUAZIONE, le misure deflattive previste dal ministro Bonafede nel decreto «Cura Italia» sono insufficienti e al momento anche inapplicabili per l’indisponibilità dei braccialetti elettronici, obbligatori per concedere i domiciliari ai detenuti con pena residua (esclusi reati gravi) inferiore ai 18 mesi.

Se qualcosa si muove è solo grazie al mutato clima generale nelle procure, come dimostra l’iniziativa del procuratore di Milano Francesco Greco che, come spiega l’Unione delle camere penali, «ha adottato una direttiva per i propri sostituti con la quale invita a sospendere la richiesta di misure cautelari personali se non “per reati con modalità violente” o di “eccezionale gravità”».

Una direttiva che, sottolineano gli avvocati penalisti, «è soprattutto la dimostrazione plastica della effettiva esistenza della emergenza carceraria confermata in aperto contrasto con la irresponsabile teoria negazionista del Ministro della Giustizia, dal quale ora ci attendiamo non solo le risposte alle domande che da settimane gli rivolgiamo, ma anche una pubblica valutazione sulla supplenza che la magistratura è quotidianamente costretta a svolgere rispetto al disinteresse del governo».