Finito l’effetto della reprimenda di Strasburgo e ripreso a spirare il vento elettorale dritto sul fuoco dell’insicurezza, il trend della popolazione carceraria ha cambiato nuovamente di segno. In modo inversamente proporzionale a quello dei reati. Non a caso l’ultimo rapporto di Antigone, il XIII, sulle condizioni di detenzione nei 190 istituti penitenziari italiani, presentato ieri a Roma alla presenza del Capo del Dap Santi Consolo e del Garante nazionale delle persone private della libertà personale Mauro Palma, si intitola: «Torna il carcere».

Ed è un carcere a misura di uomo e non di donna (che sono solo il 4,2% del totale); dove è quasi impossibile curarsi; che produce disagio mentale (45 suicidi nel 2016); che scala la classifica dell’Unione europea per il più alto tasso di detenuti in custodia cautelare (il 34,6% a dicembre 2016, al quinto posto in Europa, mentre erano 34,1% nel 2015); che si affolla sempre più di stranieri (34,1% a dicembre 2016, contro il 33,2% dell’anno precedente) e di persone che hanno violato le leggi sulla droga (il 34,2%), mentre il 25% del totale è tossicodipendente.

In sostanza, come spiega lo stesso Osservatorio di Antigone, autorizzato ad entrare in tutti gli istituti italiani dal 1998, ad affollare le celle sono sempre più i piccoli malavitosi, sempre meno i grandi signori del crimine: «Aumentano i detenuti per condanne inferiori ai tre anni (dal 23,7% al 24,3% del 2015) e diminuiscono quelli per condanne superiore ai dieci (dal 28,9% al 28,6%) – si legge nel rapporto – dimostrando così che ci si allontana da quel modello di extrema ratio cui l’uso del carcere dovrebbe essere improntato».

E INFATTI, LA CURVA DEI NUMERI di reclusi, che tra il 2012 e il 2014 puntava verso il basso, grazie alla pressione della Corte europea dei diritti umani che nel 2013 condannò l’Italia, ha ripreso a salire (in cella sono attualmente 56.436, pari ad un tasso di affollamento del 112,8%, mentre a giugno 2015 erano 52.754 per una capienza di 49.701 posti).

Esattamente in direzione opposta va il diagramma che rappresenta i reati, inclusi quelli di maggior allarme sociale: violenze sessuali (-6,04%), rapine (-10,62%), furti (-6,97%), usura (-7,41%), omicidi volontari (-15%). Addirittura, se si fa un raffronto con i dati di 25 anni fa, si scopre che «si ammazzava cinque volte di più, ma si finiva in galera due volte di meno». «Non si era ossessionati dalla sicurezza», sottolinea il rapporto.

Da notare che gli ingressi in carcere dalla libertà sono in costante calo (nei primi sei mesi del 2016 sono stati 34.046, erano 88 mila nel 2009), il che vuol dire che aumenta il cosiddetto fenomeno delle “porte girevoli”: più si sta in cella più ci si torna.

INOLTRE, SOSTIENE PATRIZIO Gonnella, presidente di Antigone, «c’è stato un freno a quella stagione di riforme che aveva creato un clima “normale” sul carcere, il fatto che non ci fosse un ozio forzoso, le celle aperte, la comunicazione con l’esterno. A un anno dagli Stati Generali sulle carceri non sappiamo nemmeno se la riforma che doveva cambiare l’ordinamento penitenziario passa o meno e al tempo stesso si parla di riforma della legittima difesa. Tutto questo alimenta la paura, mentre noi chiediamo che si ritorni a quella visione».

TERRORISMO
Radicalizzati, 365 osservati speciali

Sono 365, i detenuti islamici su cui si concentrano i timori connessi alla radicalizzazione, secondo il rapporto dell’associazione Antigone. Il Dap li suddivide in tre categorie: i «segnalati» (124), gli «attenzionati» (76) e i «monitorati» (165). I detenuti ristretti per reati connessi al terrorismo internazionale (che rientrano tra i monitorati) sono 44. Una porzione risibile, dunque, dei 6.138 (11,4% dei totale) detenuti musulmani. La maggior parte dei carcerati infatti si dichiara cattolica (29.568 detenuti, il 54,7%), mentre solo il 4,2% (2.263 unità) è ortodossa. Consistente però il numero di detenuti (14.235, il 26,3% del totale) che hanno preferito non dichiarare la propria fede, e tra questi circa 5.000 provengono da paesi tradizionalmente musulmani, «il che indica una reticenza a dichiararsi musulmani per evitare lo stigma», suggerisce il rapporto di Antigone.
«A inizio 2016, il numero di persone partite per la Siria o l’Iraq, o comunque implicate a diverso titolo nelle dinamiche del conflitto sirio-iracheno ammontava a 93 unità (dato rilevante ma senza dubbio inferiore agli altri Paesi europei), di cui 14 reduci e 21 deceduti. Nel 2015 sono state arrestate 291 persone ed altre 518 indagate; espulsi in 66 tra i quali anche 5 imam responsabili di iniziative estremiste e di incitamento alla violenza interreligiosa e interraziale.

MINORI

11 accusati di essere scafisti.  Inconsapevoli

«C’è il forte rischio», sostiene Antigone, che tra i 462 ragazzi presenti in carcere (tra questi, 283 i giovani adulti) a fine 2016, dei quali 261 avevano una sentenza definitiva, « ci siano ragazzi migranti che, dopo un viaggio drammatico, sono stati accusati di essere scafisti solo perché indicati dal vero scafista (assente sull’imbarcazione) come coloro che dovevano reggere il timone o svolgere altre piccole mansioni a bordo». I minorenni entrati negli istituti penali a loro dedicati nel corso del 2016 sono stati 1.141. Nel maggio 2017 erano 11 i detenuti per violazione delle leggi sull’immigrazione. La permanenza media dei ragazzi in istituto è stata di 138 giorno per gli italiani maschi, 130 giorni per le italiane femmine, 117 giorni per i detenuti stranieri maschi e 93 giorni per le straniere femmine.

COSTI E PERSONALE
Il 70% dei fondi per gli agenti. Pochi educatori

È sostanzialmente stabile il fondo a disposizione dell’amministrazione penitenziaria negli ultimi anni, anche se in calo di 40 milioni rispetto al 2016. Nel 2017, dei 2,8 miliardi di euro del bilancio del Dap, più del 70% , pari a 1,9 miliardi di euro, va alla voce Polizia Penitenziaria. Solo l’8,5% delle risorse è speso direttamente per i detenuti: circa 11 euro a giorno per ciascuno. «Nelle carceri italiane ci sono molti agenti, pochissimi educatori e poco personale medico e para-medico – riferisce Antigone – I poliziotti penitenziari sono l’89,36% del personale, gli educatori il 2,17%. La media europea di agenti negli istituti rispetto al totale del personale è del 68%. Il rapporto fra detenuti e agenti in Italia è di 1,67: per ogni poliziotto poco più di un detenuto e mezzo. In Francia è 2,5, in Spagna 3,7, in Inghilterra 3,9».

NEL MONDO
10 milioni, ma il primato è degli Usa

Usa, Cina e Russia: è il podio dei Paesi con il maggior numero di carcerati al mondo (se ne stimano 10 milioni in tutto il globo, senza contare i migranti reclusi nei centri amministrativi). A inizio 2016 gli Stati Uniti recludevano 2.145.100 persone nelle loro 4.575 prigioni (locali, statali, federali, private a vario livello). Il loro tasso di detenzione era di 666 detenuti ogni 100 mila abitanti, il più alto al mondo. Sceso rispetto al 2008, quando Obama divenne presidente, e quando il tasso di detenzione era di 755 detenuti ogni 100 mila abitanti. Segue la Cina, in numeri assoluti (ma non relativi) con oltre 1,6 milioni di detenuti (2,3 se si conta la custodia cautelare e la detenzione amministrativa). Al terzo posto la Russia, con un tasso di detenzione di 436 detenuti per 100.000 abitanti (il più alto in Europa).