Captain Volkonogov Escaped di Natasha Merkulova e Aleksey Chupov, in concorso, è un percorso, anzi una visione di redenzione della gioventù militarizzata, nerboruta annessa ai regimi totalitari: atletismo, muscolarità levigata in sintonia con le teste rasate, lisce, e con occhi azzurri impassibili, sciorinati sin dalla prima sequenza insieme a un che di depravato, di malsano dei comportamenti cameratechi.

Punto di partenza della narrazione è la tortura praticata sistematicamente dal servizio di sicurezza nazionale russo ai danni di individui innocenti che però, secondo le farneticazioni dei maggiorenti, maggiori, colonnelli, eccetera, imbastiti in una divisa rossa che pare anticipare il colore del sangue che scorrerà, avrebbero implicito il seme del tradimento, della sedizione. Una tortura preventiva allora che elimina i soggetti «meno affidabili» nascondendo ai loro famigliari la condanna a morte. Un aspetto, un tema, che è anche il fulcro di Reflection dell’ucraino Vasyanovyc (tra i film più interessanti visti finora in concorso, anche solo per lo spiccato, esibito formalismo) e che implica poi tutto uno spettro di questioni etiche, individuali, psicologiche. E se l’attacco di Vasyanovyc alla Russia di Putin è diretto e in qualche modo anche prevedibile, sferrato com’è da un nemico; quello di Merkulova e Chupov è più indiretto, mediato, ma non meno efficace, coi corpi percossi, umiliati, le nuche perforate dalla pistola del boia chiamato Proiettile.

In Captain Volkonogov siamo nel 1938, ma l’accusa verso la Russia contemporanea, verso le dure discriminazioni, la soppressione degli oppositori, la violenza psico-fisica diffusa, è evidente, netta. A questo stato del terrore, alla concretezza asfissiante dello sfondo e all’azione che si sviluppa (inseguimenti frenetici attraverso le tappe del pentimento di Volkonogov, alla ricerca del perdono), i due registi oppongono una risvegliata dimensione spirituale ed etica del protagonista, e apparizioni fantasmatiche, insomma un sostrato soprannaturale, mistico, che è forse l’aspetto più interessante del film: gli conferisce un alone di pietas che raggiunge l’apice nell’incontro del capitano con una vecchia moribonda, con il suo corpo martoriato, scarnificato, sconcio, che è incarnazione del dolore, del suo scandalo.