Quello che nessuno trova il coraggio di dire in pubblico, alla fine, spunta fuori sotto forma di registrazione clandestina. «Macerie, stalle, casette: questa non è ricostruzione», ha detto il commissario straordinario per la ricostruzione Vasco Errani, il 15 febbraio scorso ad Ancona, durante un incontro con i sindaci e con il governatore marchigiano Luca Ceriscioli. L’audio è stato pubblicato sul sito del settimanale Panorama ed è una specie di bomba nel dibattito che riguarda la ricostruzione dell’Italia centrale ferita dal terremoto.

[do action=”quote” autore=”Vasco Errani, 15 febbraio 2017″]«Bisogna darsi una governance totalmente differente, la ricostruzione non esiste proprio»[/do]

«Bisogna darsi una governance totalmente differente – ha detto ancora Errani –, altrimenti non ce la faremo. La ricostruzione non esiste proprio, non è possibile che per fare le casette si aspetti il fabbisogno definitivo».

Uno sfogo in piena regola: contro il governo, contro la Regione, contro l’incredibile dispersione delle responsabilità sulla gestione dell’emergenza e della ricostruzione: tanto era stata centralizzata quella dell’Aquila tanto è parcellizzata quella attuale. Il risultato è che le decisioni tardano e, a sei mesi di distanza dalla prima scossa, soltanto poche centinaia di persone sono riuscite a riavvicinarsi a casa, nelle casette provvisorie installate a macchia di leopardo sul territorio.

Errani attacca, e non è un caso: la sua uscita dal Pd sarà ufficializzata probabilmente domani, con una conferenza stampa a Ravenna. La sfuriata di Errani, d’altra parte, è diventata pubblica in un momento a dir poco delicato per la vita di un partito che perde pezzi nel bel mezzo della sua stagione congressuale, ed è facile leggerla come atto di guerra interna.

A poco è servita la debole precisazione diffusa poi dal portavoce, anche perché la frittata ormai è fatta: «Errani non ha parlato di né di drammi né di fallimenti dello Stato, assolutamente inesistenti. Il commissario ha sottolineato l’esigenza concreta di moltiplicare gli sforzi per accelerare».

Anche il tentativo di Ceriscioli di gettare acqua sul fuoco, a conti fatti, è poca cosa: «Non abbiamo bisogno di polemiche e strumentalizzazioni, lavoriamo a testa bassa per il bene della nostra gente».

È così che la scissione dei democratici si proietta anche sulle zone terremotate: Errani resterà commissario? Si dimetterà? Aspetterà che qualcuno gli dia il benservito? In Regione sono convinti che l’ex governatore dell’Emilia abbia ormai i giorni contati come amministratore della ricostruzione, ma il rischio concreto è che la vicenda diventi un lungo braccio di ferro sulla pelle dei terremotati, che cominciano a dare segnali di insofferenza.

I sindaci, comunque, per ora si sbilanciano poco, e tendenzialmente lo fanno in favore proprio di Errani. Sergio Pirozzi, di Amatrice, con i consueti toni da tribuno esulta perché «viene fuori quello che avevo detto tre mesi fa», cioè che «in tempi di guerra ci vogliono procedure di guerra». Di 32 cantieri aperti nel suo comune, molti sono fermi: «Il commissario ha voluto gettare un sasso nello stagno, per smuovere il governo perché qualcosa non sta funzionando».

Anche il sindaco di Arquata del Tronto, Aleandro Petrucci, ammette che «Errani non ha tutti i torti, i tempi si stanno allungando e se le sue parole dovessero servire a spronare chi di dovere, ha fatto bene».

Nell’ascolano, da notare, di casette neanche l’ombra e le macerie sono state sì e no spostate ai margini delle strade per consentire il passaggio. Tutto è fermo, mentre si attende l’ok della Regione alle aree individuate per i sei villaggi provvisori.