Condanna per l’attacco israeliano su Rafah, richiesta a Tel Aviv di dare seguito all’ordine della Corte internazionale di Giustizia dell’Aja fermando l’offensiva su Rafah, intesa politica per il ripristino di EuBam, la missione di assistenza per la gestione del valico di Rafah. Queste le conclusioni raggiunte dal Consiglio Ue dei ministri degli Esteri riunito ieri a Palazzo Europa di Bruxelles. In aggiunta, il Consiglio ha chiesto a Israele di non smettere di finanziare l’autorità palestinese, che senza fondi potrebbe dissolversi, come anche di evitare di definire l’Unrwa un’organizzazione terroristica, impedendole così di lavorare a Gaza come anche in Cisgiordania.

ABITUATI come siamo a soppesare sottilissimi slittamenti diplomatici tra un vertice di questo tipo e un altro, frutto di estenuanti trattative tra le 27 capitali dell’Unione, stavolta gli elementi di novità risultano decisamente più marcati. Soprattutto grazie a una diversa postura da parte di Berlino. La responsabile Esteri del principale governo europeo nonché tradizionalmente sostenitore di Israele – tanto da mettere il freno ad ogni iniziativa che possa infastidire il governo Netanyahu -, l’esponente dei Gruenen Annalena Baerbock, ha affermato senza mezzi termini che «la sentenza dell’Aja su Rafah va rispettata», aprendo contestualmente alla possibilità di rilanciare la missione Ue per la protezione del confine a Rafah. «Il diritto internazionale umanitario si applica a tutti, e questo vale anche per la condotta di guerra di Israele».

Parole chiare, anche se non è una novità, dall’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Josep Borrell, che si è detto «inorridito» degli attacchi israeliani e ha rimarcato come «a Gaza nessun luogo è sicuro». Il capo della diplomazia Ue è reduce, insieme al presidente del Consiglio europeo Charles Michel, dall’incontro di domenica scorsa con il premier palestinese Mohamed Mustafa.

IL RICONOSCIMENTO della Palestina è «la cosa giusta da fare» per arrivare alla pace in Medio Oriente, si è detto convinto Mustafa riferendosi al passo di Norvegia, Irlanda e Spagna, che formalmente si compie oggi, e invitando gli altri paesi Ue a seguirne l’esempio. A margine della riunione del Consiglio Esteri ieri, Borrell non solo ha condannato Tel Aviv per il suo mancato rispetto dell’ordine della Cig dell’Aja di fermare l’offensiva su Rafah, ma ha anche difeso il procuratore Karim Khan dall’accusa di antisemitismo: una «intimidazione inaccettabile», come sempre accade «per chiunque faccia qualcosa che non piace al governo Netanyahu».

Dal vertice di ieri sono emersi altri elementi di novità. Il primo, che rimane più sul versante delle intenzioni diplomatiche, è la richiesta dei paesi arabi ieri presenti a Palazzo Europa di una conferenza internazionale di pace per discutere il piano dei due stati, e va a rafforzare una precedente proposta di Bruxelles. Il secondo ha a che fare con sostanziosi interessi commerciali e riguarda l’accordo di associazione Ue-Israele, in vigore dal 2000, su cui già da marzo pendeva un’iniziativa di Madrid e Dublino favorevoli alla revoca. Ora i ministri del 27 chiedono di discutere con Tel Aviv il rispetto dei diritti umani a Gaza, che sulla carta è una delle principali condizioni perché ci possano essere gli scambi. Per avere un ordine di grandezza, basterebbe menzionare i dati ufficiali forniti dalla Commissione Ue: l’Unione è il maggior partner commerciale di Tel Aviv (quasi 30% del suo commercio di beni) e nel 2022 l’ammontare degli scambi commerciali ha raggiunto 46,8 miliardi di euro.

È VERO che e le dichiarazioni, come spesso accade in occasione questi vertici Ue, sopravanzano di gran lunga decisioni reali e i loro effetti concreti, ma la posizione italiana spicca comunque tra quelle dei paesi Ue. Se da Roma il ministro della Difesa Crosetto definisce le scelte militari di Israele a Gaza «non più giustificabili», la linea del governo la detta il ministro degli Esteri Tajani dal Consiglio a Bruxelles: «Siamo favorevoli alla nascita di uno stato palestinese», precisa Tajani «però deve riconoscere Israele e deve essere riconosciuto da Israele. Lo Stato palestinese non può essere guidato da Hamas, che è un’organizzazione terroristica». Ed è a Bruxelles, più che al governo italiano, che si rivolge la segretaria del Pd Elly Schlein, quando afferma: «L’Unione europea si deve muovere con una voce sola e forte per fermare questa follia, che come abbiamo sempre detto si sta traducendo in un’ecatombe». La voce unica in Europa fatica a prendere corpo, ma la direzione di marcia sembra ormai decisa.