Carlo Calenda è furioso con Elly Schlein per le candidature in Basilicata, la accusa di aver subito il «veto» di Giuseppe Conte contro Azione. «Conte ha annunciato il candidato e il perimetro della coalizione per la Basilicata: il dato positivo è che la “sinistra” ha scelto finalmente il suo campo e il suo leader. Non è il nostro. Auguri», scrive su X di mattina. Il leader 5 stelle gli risponde nel pomeriggio, alla presentazione del libro di Michele Ainis: «Noi non esprimiamo veti, però è difficile se devi lavorare con dei leader che hanno dichiarato che il loro obiettivo non è una sana competizione ma distruggere il M5s».

Conte lo ha detto rispondendo a Romano Prodi, che lo aveva esortato: «Se volete vincere mettevi d’accordo, se volete perdere continuate cosi. Il campo largo? La risposta è nel cervello di Conte», la stoccata del padre nobile del Pd. E Conte controreplica: «Durante la campagna in Abruzzo sono stato cannoneggiato, io e il M5S dipinti come la iattura del sistema italiano. Se non c’è coerenza, concretezza, allargare il campo per una sommatoria politica non funziona». Anche perché, insiste il leader 5S, «noi non abbiamo capibastone sul territorio, il nostro è un voto libero e i cittadini in queste condizioni non vengono a votare».

In sostanza, Conte conferma di aver posto come condizione a Schlein la scelta tra lui e Calenda. Il leader di Azione, dal canto suo, accusa Schlein di non averlo neppure informato della scelta di candidare l’oculista Domenico Lacerenza. Ma da fonti dem replicano: «Calenda ha cambiato ogni giorno le carte in tavola. Prima ha detto no a Chiorazzo, poi che apprezzava Bardi e che Speranza si comporta da feudatario per poi dire che in fondo Chiorazzo andava bene dopo mesi che noi glielo chiedevamo… ma si può fare così?», si lamenta un parlamentare Pd.

Fatto sta che ora Azione guarda al candidato di centrodestra, il governatore Vito Bardi di Fi. «Non è come il Trux (il candidato sardo di Fdi Truzzu, ndr)», dice Calenda, «è un liberale moderato». Nel fine settimana il leader di Azione sarà in Basilicata e deciderà se sostenerlo o correre in solitaria con Marcello Pittella.

Il Pd, in questa guerra, si trova come il vaso di coccio. Con una parte della minoranza interna, rappresentata dal senatore Alessandro Alfieri, che critica l’esclusione dei centristi: «Io vivo al Nord, senza il pieno coinvolgimento delle forze civiche e moderate non governeremmo così tante città. A maggior ragione il Paese». Il lucano Salvatore Margiotta definisce «masochismo» lo strappo con Calenda. Dal Nazareno arriva un messaggio: «Nessuna preclusione a un allargamento della coalizione di centrosinistra, continuiamo a essere unitari. Ancora una volta il Pd farà valere le ragioni dell’unità della coalizione».

In Basilicata ormai la frittata sembra fatta: ricucire con Calenda pare impossibile. Ma il messaggio che ambienti vicinia Schlein fanno circolare è che la trattativa lucana, e quindi la scelta del candidato, sono state gestite dai responsabili Organizzazioni e Enti locali Igor Taruffi e Davide Baruffi: uno fa capo alla segretaria, l’altro è il braccio destro di Bonaccini. Insomma, una scelta condivisa.

Anche a destra il clima non è sereno. L’assessore regionale veneto Roberto Marcato, di fronte al pressing di Fdi per avere il candidato presidente nel dopo Zaia nel 2025, lancia il siluro: «Se Fdi insiste dobbiamo andare al voto da soli, senza gli alleati di centrodestra. Costruiamo un’alleanza con la Lega, la lista Zaia più una lista autonomista veneta e vinciamo di sicuro contro tutti».