Forse 3,6 milioni di euro da pagare non fanno più tanta differenza, per un’azienda che ha cumulato un debito di 1,35 miliardi. Eppure la multa comminata dall’Antitrust potrebbe essere la classica esiziale goccia per Atac, che sta affogando soprattutto in una crisi di liquidità e che solo l’altro giorno ha riunito il suo primo Cda sotto la guida del neo Ad Paolo Simioni con l’ingiunzione del tribunale civile a pagare subito alla Roma Tpl, l’azienda privata che gestisce alcune delle linee periferiche della Capitale, la seconda tranche del contenzioso da 45 milioni di euro aperto nel 2010.

Soprattutto però quel che importa è che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato abbia sanzionato la pessima abitudine consolidata negli anni a sopprimere le corse senza preavviso, in particolare sulle linee ferroviarie leggere, e a diffondere false informazioni a cittadini e turisti. E abbia per questo, alla fine di un’istruttoria avviata a novembre, multato la municipalizzata del trasporto pubblico romana per il periodo che va dal 2010 ad oggi. Con una sanzione, da notare, che è perfino «ridotta, tenuto conto della situazione economica disagiata dell’azienda».

L’Antitrust ha riconosciuto il torto subito negli ultimi sette anni (almeno) dalle centinaia di migliaia di abitanti delle periferie, e ha sanzionato «una pratica commerciale scorretta nell’offerta del servizio pubblico di trasporto ferroviario nell’area metropolitana di Roma consistente nella falsa prospettazione, attraverso l’orario ufficiale diffuso presso le stazioni e nel sito internet, di un’offerta di servizi di trasporto frequente e cospicua, a fronte della sistematica e persistente soppressione di molte corse programmate, nonché nella omessa informazione preventiva ai consumatori in merito alle soppressioni previste».

I motivi prevalenti, secondo l’Authority, sono «riconducibili a dirette responsabilità di Atac che, in tal modo, ha falsato le aspettative degli utenti/consumatori e le loro decisioni relative alla mobilità quotidiana, in particolare di tipo pendolare». Soprattutto non correggendo le informazioni divulgate, anche quando «Atac aveva avuto in anticipo conoscenza delle ragioni interne che avrebbero potuto causarne la soppressione, evidenziando quindi il mancato rispetto dello standard di diligenza professionale richiesto ad un concessionario di un servizio pubblico nella gestione di linee essenziali di trasporto e per la mobilità cittadina». I più penalizzati da queste condotte, ritenute «ingannevoli ed omissive» e che violano gli articoli 20, 21 e 22 del Codice del Consumo, sono gli «oltre 200 mila utenti» che viaggiano quotidianamente in «un’area di circa 140 km» sulle linee ferroviarie Roma-Lido di Ostia, Roma-Civita Castellana-Viterbo (le due più importanti tratte pendolari italiane) e Roma-Giardinetti-Pantano che Atac gestisce «in regime di esclusiva».

L’assessora capitolina alla Mobilità Linda Meleo naturalmente reagisce tirando acqua al proprio mulino, con qualche ragione quando dice che la multa è «l’ennesima dimostrazione di come l’azienda sia stata mal gestita nel passato». Anche se fa evidentemente fatica a rivendicare l’inversione di rotta rispetto alle precedenti amministrazioni che non erano riuscite «a fare un piano adeguato e a iniziare un percorso di risanamento». Tanto che avverte: «L’azienda sta valutando tutte le azioni necessarie a tutelare l’interesse e l’immagine di Atac».

L’assessora pentastellata se la prende anche con i Radicali italiani che hanno consegnato proprio ieri in Campidoglio le 33 mila firme per il referendum «Mobilitiamo Roma»: «Fanno campagna elettorale sulla pelle dei dipendenti Atac», accusa. E innesca la risposta del segretario, Riccardo Magi: «Facciamo una battaglia a favore di 3 milioni di cittadini». La liberalizzazione del servizio di trasporto urbano proposto dal referendum rappresenta per Meleo «il rischio di un servizio pubblico di serie A e di uno di serie B, disomogeneità sul territorio, con un tpl differenziato a seconda della redditività delle tratte», dice l’assessora proprio mentre arriva la notizia della multa dell’Antitrust. In ogni caso, conclude Meleo, «parlarne oggi rappresenterebbe solo la morte della municipalizzata».