Due anni fa il Consiglio comunale di Brescello fu sciolto per mafia, domenica si tornerà a votare, e a vincere potrebbe essere la lista «Brescello che vogliamo», che di mafia e ‘ndrangheta non parla mai nel suo programma.
Brescello, cinquemila anime in provincia di Reggio Emilia, è dopo Imola il Comune sotto i riflettori in questa tornata elettorale emiliana. Per il resto al voto andranno piccoli centri sotto i 15 mila abitanti, con l’eccezione di Salsomaggiore Terme in provincia di Parma. In totale saranno chiamati alle urne 120 mila elettori, ma i cinquemila di Brescello avranno un peso differente dagli altri. Perché il Comune di Peppone e Don Camillo è stato travolto da uno scioglimento che ha avuto rilevanza nazionale, la dimostrazione che le mafie sono radicate ovunque, anche nella ricca Emilia.

Non si ripresenta l’ex sindaco Marcello Coffrini, primo cittadino che di fronte alle telecamere riuscì a definire il boss Francesco Grande Aracri un signore «educato» e «molto composto». Ma se Coffrini ha deciso di fare un passo indietro, la lista «Brescello che vogliamo» sembra garantire una certa continuità con la passata amministrazione, quanto meno a livello di nomi con esperienza amministrativa.

Sfidanti sono due liste che fanno dell’anti mafia e della legalità un tema centrale: la lista «L’Alternativa» di Michele Salomomi e «Brescello Onesta» di Carmela De Vito, appoggiata dalla leghista anti mafia Catia Silva, imprenditrice che da anni denuncia la situazione in paese.

C’è anche la lista «Brescello Riparte», civica appoggiata dal Pd provinciale che tenta di ricostruire sulle macerie con la candidata Maria Cristina Saccani.

Ma nel paese di Peppone la Casa del Popolo non esiste più. E nemmeno il segretario del partito, dopo che l’ultimo ha lasciato l’incarico. E ormai del «mondo piccolo» descritto da Giovannino Guareschi, fatto di rudi virtù civiche e solidarietà rurale, sembra rimasto ben poco. gio.st.