«In questo referendum ci sono dei vincitori e degli sconfitti. Il governo non si annovera tra i vincitori, questi sono i lavoratori che domattina torneranno nei loro posti di lavoro consapevoli di avere un futuro e non soltanto un passato. Levo simbolicamente i calici a loro, per i quali abbiamo proposto l’astensione». Parole di Matteo Renzi, pronto domenica sera a cogliere al balzo il fallimento del referendum sulle trivellazioni in mare per tornare di prepotenza su tutti i media.
Il brindisi con i lavoratori serve a Renzi più che altro per regolare i conti con l’opposizione interna e con le regioni ribelli che nonostante tutto hanno deciso di provare a far esprimere gli elettori.

Tra queste non c’era l’Emilia-Romagna, la regione più interessata con le sue 20 concessioni estrattive sulle 44 a livello nazionale, anche perché da subito il presidente Stefano Bonaccini aveva preso le distanze dal referendum. Ed è stato proprio Bonaccini, eletto nel 2014 con un’astensione monstre (solo il 37% andò a votare, lui fu eletto con il 49,1%, pari a 615.723 voti), a dirsi soddisfatto del mancato raggiungimento del quorum. Questa volta le cose sono andate solo un po’ peggio rispetto a 2 anni fa: in regione ha votato il 34% degli aventi diritto, il sì sono stati l’80,3%, pari a 901.088 voti. «Sono molto contento – ha detto Bonaccini seguendo la linea del premier – abbiamo evitato di mettere a rischio posti di lavoro».
Poco importa che in regione abbia votato un elettore su tre, oltre un milione di persone, con 8 schede su 10 a favore del ’sì’. Bonaccini festeggia l’astensione, e a quei non-voti somma i ’no’ di Ravenna, che hanno sfiorato il 30%, dieci punti sopra la media regionale. «È il capoluogo di provincia dove hanno votato meno persone e tra quelle un terzo ha votato no, perché chi vive lì sa che è un’economia che dà lavoro ed è sicura». Una questione complessa quella dei posti di lavoro del settore degli idrocarburi, che ha diviso anche la Cgil con i chimici schierati con il ’no’ e la Fiom dall’altra parte della barricata. In realtà il dato peggiore sull’astensione è quello di Piacenza, ma al di là dei numeri l’ostentata soddisfazione di Bonaccini ha scatenato l’ira di 5 Stelle e Sinistra Italiana.

«La consueta furbata di sommare voti contro e astensione sembra aver ottenuto il risultato di far fallire il referendum. È una vittoria avvelenata perché scommette sull’erosione della democrazia, la cui tutela dovrebbe essere invece un comune interesse», dice Giovanni Paglia, deputato ravennate di Si. «D’altronde – continua Paglia – dopo il crollo della partecipazione alle regionali del 2014, il Pd aveva parlato di un problema secondario. Discorso a parte merita Ravenna, usata da Renzi come simbolo, e lì dove evidentemente l’allarmismo infondato sulla perdita dei posti di lavoro ha fatto presa; ciò nonostante, nel comune di Ravenna si sono espresse oltre 30.000 persone che meritano rispetto».
La questione dei posti di lavoro ha portato anche un di solito pacatissimo Alberto Bellini, professore dell’Università di Bologna ed ex assessore all’ambiente di Forlì, a spendere parole amare nei confronti di Renzi. «Una sola gioia in questa giornata – scrive in un comunicato in cui ammette la sconfitta – Gli 11.000 lavoratori del settore oil&gas e dell’indotto avrebbero avuto un futuro cupo senza il referendum. Cupo perché non ci sono le condizioni economiche per proseguire le loro attività. Ora hanno una garanzia sul lavoro che proviene direttamente dal Presidente del Consiglio. In un momento storico come questo, sapere che 11.000 famiglie sono passate da un futuro cupo a un futuro sereno mi rende, davvero, felice».

Infine ci sono i grillini, che hanno fino all’ultimo sostenuto le ragioni del ’sì’. «Appena insediato – ha ricordato Gianluca Sassi, capogruppo del M5S in regione – Bonaccini promise che avrebbe fatto di tutto per riportare gli emiliano-romagnoli a votare poi, alla prima occasione utile, li ha invitati a starsene tranquillamente a casa: non c’è che dire, una coerenza devastante. Boicottare prima, e gioire poi, per il fallimento di questo referendum è stato un atteggiamento indegno per chi dovrebbe rappresentare un’istituzione e non un solo un partito».