Ogni decisione è rinviata alla fine della guerra contro Hamas – in realtà contro tutta Gaza – poi dovranno farsi da parte e rispondere del loro fallimento tutti i «responsabili» politici, militari e dell’intelligence che non saputo prevedere e impedire l’attacco del 7 ottobre. Primo fra tutti il premier Benyamin Netanyahu. È questo l’umore dell’opinione pubblica israeliana e persino di una parte del partito di maggioranza Likud. La rabbia e l’irritazione nei confronti di Netanyahu crescono con il passare dei giorni. Perché a differenza dei vertici militari e dell’intelligence, il primo ministro non ha ammesso alcun negligenza o mancanza, al contrario è sembrato scaricare ogni colpa sugli altri. Solo mercoledì sera, nel suo discorso alla nazione, Netanyahu ha concesso che «ognuno», anche lui, dovrà riconoscere le proprie responsabilità.

Pochi hanno dubbi. L’attacco di Hamas al sud di Israele ha determinato la fine politica di Netanyahu che neppure le manifestazioni oceaniche contro la riforma giudiziaria avviata dal governo avevano potuto innescare. Non potrà salvarlo l’immagine da condottiero che guida la guerra che sta cercando di darsi. I sondaggi parlano chiaro. Secondo quello diffuso qualche giorno fa dal quotidiano Maariv, la stragrande maggioranza degli israeliani vuole che Netanyahu si assuma pubblicamente la responsabilità del fallimento del 7 ottobre. Alla domanda su chi sia più adatto a ricoprire il ruolo di primo ministro, il 49% degli intervistati ha scelto il leader del partito di Unità Nazionale, l’ex generale Benny Gantz, e solo il 28% ha indicato Netanyahu, mentre il resto è indeciso. Se le elezioni politiche si tenessero oggi, i partiti della maggioranza otterrebbero 43 seggi rispetto ai 64 conquistati circa un anno fa. Il partito di Gantz 40 contro i 12 attuali.

I principali dirigenti del Likud non hanno alcuna intenzione di affondare con Netanyahu. Due settimane fa, il partito difendeva il suo leader. Con il passare dei giorni il muro eretto a sostegno di Netanyahu si è sgretolato. Sono cominciate le critiche a mezza bocca e riesplosi i dissapori del premier con il ministro della Difesa Yoav Gallant che qualche mese fa Netanyahu aveva licenziato – per le critiche che aveva fatto alla riforma giudiziaria – per poi richiamarlo dopo qualche ora di fronte alle proteste popolari. Gallant non condivide l’attendismo di Netanyahu che esiterebbe a dare il via all’offensiva di terra contro Gaza temendo, si dice, che non garantisca la «vittoria sicura su Hamas» e alimenti ulteriormente la rabbia contro la sua premiership. In condizioni di anonimato, diversi ministri hanno dichiarato alla stampa che «Ogni decisione presa da Netanyahu negli ultimi due anni è stata sbagliata». Restano in silenzio, per ora, i leader dell’ultradestra, come Itamar Ben Gvir, convinti che dopo la guerra saranno solo Netanyahu e il Likud a pagare politicamente e che i feroci sentimenti anti-palestinesi che dominano l’opinione pubblica finiranno per favorire i loro partiti.