«Era prevedibile che i palazzi e gli interessi del centralismo cercassero di intromettersi, utilizzando qualsiasi tipo di strumento». Parola di ministro, e di senatore. Roberto Calderoli è scatenato contro il servizio bilancio del senato, che cinque giorni fa ha pubblicato un rapporto sul suo disegno di legge di Autonomia differenziata nel quale evidenzia tutti i rischi che questa riforma comporterebbe per i cittadini che vivono nelle regioni meno ricche.

Non può bastare al ministro aver ottenuto, quando martedì si è diffusa la notizia del dossier, prima un ritiro del documento poi, per evitare figuracce peggiori, la (ri)pubblicazione del testo con l’aggiunta «Bozza provvisoria non verificata». Un’aggiunta mai vista, perché il servizio del bilancio dello stato è un organismo molto serio e rispettato e perché i suoi documenti, prima di essere messi a disposizione di tutti i parlamentari (e del pubblico che può leggerli online), sono controllati con cura.

È quanto ha detto ieri, portando nell’aula del senato il caso Calderoli-senato, il capogruppo del Pd Boccia: «Quella pubblicata non era una bozza, i controlli erano stati fatti, come sempre. Per questo è grave che quel documento sia stato ritirato. La presidenza del senato ha il dovere di informarci su quanto avvenuto: vanno accertati i fatti, e non è una cosa che possa essere scaricata sul personale del servizio del bilancio. È già successo tante altre volte che un dossier dei servizi bilancio di camera o senato fosse critico nei confronti di provvedimenti del governo, è sacrosanto che uffici parlamentari svolgano questa funzione».

I gruppi di opposizione hanno chiesto la convocazione di Calderoli perché risponda in aula a quelle osservazioni. «Le critiche espresse dai tecnici del senato sono oggettive, il ministro se ne faccia una ragione – ha detto il senatore di Sinistra/Verdi De Cristofaro, presidente del gruppo misto -, il suo “spacca Italia” accentua le differenze e penalizza il Mezzogiorno. Gli uffici parlamentari sono autorità terze e il dossier non è una pubblicazione sfuggita al controllo, visto che da qualche giorno era pubblicato sul sito del senato, rilanciato il 12 maggio dell’account twitter. La Russa tuteli il senato e i suoi funzionari dagli attacchi di Calderoli».

Gli attacchi però continuano. Al ministro, che pure è stato per molto tempo vicepresidente dell’assemblea di palazzo Madama e ha una lunga confidenza con gli uffici, si associa un altro leghista, il presidente dei senatori Romeo: «Quel documento è stato un colpo basso. Quando ci sono le manine però è difficile capire di chi siano, se di destra o di sinistra, d’altra parte che non ci avessero messo il tappeto rosso era abbastanza chiaro. È una partita complicata e difficile, bisogna fare un passo per volta». Replica puntuta da Fratelli d’Italia: «Noi non abbiamo mai usato le manine, le nostre mani sono sempre ben in evidenza – dice il vice presidente della camera Rampelli -, il processo federativo deve andare avanti insieme al rafforzamento delle istituzioni centrali, con l’elezione diretta del capo dello stato o del premier, in questo modo non ci sarà pregiudizio per l’unità nazionale». Che è precisamente quanto teme la Lega, dal momento che la proposta di riforma costituzionale ancora non c’è e quando ci sarà avrà tempi lunghi.

Da qui il nervosismo di Calderoli, che interpreta benissimo tutti i segnali, come il ritmo lento dei lavori sul suo disegno di legge imposto dal presidente della commissione, il meloniano Balboni. O l’auspicio della berlusconiana Bergamini, per la quale nell’esame del testo «bisogna garantire la massima partecipazione del parlamento». Da qui lo scatto d’ira del ministro verso il servizio bilancio. Che è anche la conferma di un brutto clima tra esecutivo e uffici parlamentari, un clima di forte pressione. È accaduto anche nell’altro ramo del parlamento, alla camera: dal resoconto dei lavori delle commissioni riunite I e XI è sparito il passaggio che martedì tanto ha imbarazzato l’esecutivo, quello sull’emendamento al decreto PA dichiarato inammissibile. Adesso risulta più semplicemente «emendamento ritirato».